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Dieta di luglio, con le albicocche dimagrisci e ti abbronzi



Luglio è ormai arrivato da qualche giorno, nonostante ciò c’è ancora chi desidera perdere qualche chiletto di troppo accumulato nei mesi invernali. Oggi vogliamo parlarvi della dieta estiva o meglio della dieta delle albicocche, una frutta di stagione che non solo vi farà perdere peso ma vi farà anche abbronzare più in fretta. Sembra che esistano in natura in questo periodo frutta e verdura che permettono di raggiungere entrambi i risultati. Oggi però vogliamo parlarvi proprio delle albicocche che sembrano essere davvero particolarmente ricche di proprietà nutritive, povere di calorie e alleate non soltanto nella vita ma che un alimento che permetterà di abbronzarsi nel minor tempo possibile.



Le albicocche sembrano essere davvero un frutto ideale per l’estate perché ci da la possibilità di depurarsi e rinfrescarsi in una giornata particolarmente afosa d’estate. Inoltre sembra che questo gruppo abbia davvero pochissime calorie circa 28 per 100 grammi di prodotto e se ne possono mangiare anche fino a 4-5 al giorno per fare il pieno di vitamine e sali minerali.
Le proprietà benefiche di questo alimento sono particolarmente conosciute e infatti sono ricche di vitamina A e betacarotene che sono davvero molto utili per la nostra salute proprio più in estate. Sembra che bastino soltanto due albicocche al giorno per ottenere il fabbisogno giornaliero di vitamina ed inoltre pare che vado a stimolare le difese immunitarie fortificante le unghie e i capelli ma anche la vista.

Inoltre sono particolarmente ricche di vitamina C e sali minerali come il ferro, il potassio, fosforo e magnesio, il calcio ottimi per affrontare il caldo estivo, la stanchezza e l’anemia. Se siete amanti della frutta dunque e nello specifico vi piacciono tanto le albicocche, potete tranquillamente scegliere questo frutta da gustare durante le vostre giornate e non solo vi darà il maggior apporto di vitamine ed energia ma vi darà anche la possibilità di perdere peso e di depurarvi e di farvi abbronzare nel minor tempo possibile proprio perché particolarmente ricchi di betacarotene. 

L’albicocco è una pianta che pur essendosi ben adattata al clima mediterraneo non è di origini europee, ma come dice il nome latino Prunus Armeniaca proviene dalle montagne dell’Armenia. Da qui fu portato nel mediterraneo (pare) da Alessandro Magno e poi successivamente diffuso ai romani che lo portarono nelle diverse regioni dell’impero. Le dimensioni degli alberi di albicocco normalmente non superano i 4-5 metri anche in virtù del fatto che la potatura tende a far sviluppare la pianta in larghezza. I rami di 1 anno sono rossicci, il colore più o meno scuro dipende dalla varietà. Le foglie sono quadrangolari, appuntite, e dotate di ghiandole alla base della lamina fogliare. I fiori dell’albicocco hanno 5 petali, sono bianchi e la fioritura è precoce, l’abicocco è infatti la seconda pianta da frutto che fiorsce in primavera, dopo il mandorlo e prima del pesco e del ciliegio. Il frutto di questa pianta è in cima ai desideri di molti di noi, infatti, come dicono gli esperti, in presenza di più frutti la maggior parte delle persone preferisce mangiare un albicocca piuttosto che una pesca o una mela. Botanicamente il frutto è una drupa, cioè all’interno del frutto c’è un nocciolo legnoso, ed il seme di norma è amaro ma esistono alcune varietà a seme dolce per cui sono commestibili. È ricco di vitamine A e C. Il profumo ed il sapore di una buona albicocca ci rimangono così impressi che ogni anno a primavera si va alla ricerca dei primi frutti di quest’albero, ma non sempre i nostri desideri vengono esauditi: per avere una buona albicocca occorrono alcune condizioni: sole, un terreno ricco di sali minerali, poche o nessuna irrigazioni ed una varietà adatta al luogo di coltivazione, perchè ciò che rende buona un’albicocca è la presenza degli zuccheri che si formano negli ultimi giorni di maturazione del frutto e quindi raccogliere un’albicocca in anticipo significa mangiare un frutto con poco profumo e poco colore e di sapore ancora aspro.

La necessità di varietà adatte ha fatto si che ogni luogo di coltivazione (consideriamo che oggi l’albicocco viene coltivato su grandi superfici in Italia, Spagna, Francia, penisola balcanica, Turchia, Grecia, Marocco, Israele, ecc.) avesse le sue varietà: famose sono quelle trentine o piemontesi che riescono a maturare in luoghi non molto adatti. A clima non mediterraneo, non dimentichiamo che praticamente ogni regione d’Italia ha varietà locali che rappresentavano il giusto risultato di un adattamento di un albero rustico a quello specifico ambiente.

Non ci sono problemi di terreno per questa pianta, in virtù anche del fatto che per la quasi totalità le piante di albicocco sono innestate sul mirabolano che è un susino selvatico (se la pianta non è franca da seme come alcune varietà antiche, o innestata su albicocco selvatico), che predilige il terreno di medio impasto o leggermente sabbioso. Innestato su mirabolano l’albicocco si giova dei terreni anche pesanti perchè le piante producono frutti più zuccherini e quindi più gustosi. Questa caratteristica ha fatto sì che in alcune zone, come nelle colline imolesi, si creasse una “tradizione” nel coltivare l’albicocco perchè considerato di maggior pregio e sapore. Nel caso di piante innestate su mirabolano, se la pianta tende ad avere dei polloni di mirabolano, occorre toglierli sempre poiché se si lasciano tendono a prendere il sopravvento sull’innesto.

L’albicocco va fatto crescere assecondandolo per avere una pianta che sviluppi appieno le sue potenzialità, anche perchè la pianta fiorisce sui rami prodotti l’anno precedente. Per chi non è molto esperto conviene fare in modo che i vari rami che la pianta produce siano divaricati fintanto che sono ancora malleabili cercando di creare una chioma il più possibile simmetrica per intercettare la luce del sole, portando quindi la pianta ad avere una forma a imbuto rovesciato con i rami di 2-4 anni che sono quelli più produttivi e che a rotazione andranno sostituiti con i rami più giovani e vigorosi che la pianta produrrà. Nel tempo quindi l’albicocco sarà sempre più robusto con un’ossatura di 3-5 branche su cui cresceranno i rami che andranno appunto gestiti con la potatura. Come per tutte le piante da frutto i rami troppo vigorosi che crescono a discapito degli altri, man mano che si presentano, vanno tagliati. Di norma si considera che una pianta di albicocco rimanga produttiva circa 15 anni, ma non sono rari i casi di piante che a 30 anni sono ancora produttive. Pianta rustica con pochi parassiti animali (soprattutto gli afidi), l’albicocco invece soffre abbastanza di infezioni fungine prodotte soprattutto da un gruppo di funghi che si chiamano Monilia (ne esistono diverse specie che attaccano i fiori, i rametti più sottili ed i frutti). Questi funghi si sviluppano soprattutto con un andamento stagionale fresco e piovoso, condizioni che spesso si verificano in primavera.

Non ci sono molti modi di proteggere la pianta: un’esposizione il più possibile soleggiata, meglio se con movimento d’aria e trattamenti con solfato di rame o prodotti equivalenti che hanno una funzione preventiva ma non curativa. Altri funghi sono il corineo che si manifesta con ticchiolatura sulla buccia dei frutti oppure con dei fori rotondi nelle foglie (viene infatti anche chiamata impallinatura) e viene favorito dalle stesse condizioni ambientali della monilia. Poi c’è l’oidio o mal bianco che però raramente procura problemi ai frutti, mentre nei mesi estivi può comparire sulle foglie. Si combatte con lo zolfo e anche per questo fungo vale il discorso che la miglior difesa è posizionare la pianta di albicocco in un ambiente a lui favorevole e non necessariamente la presenza della malattia necessita di intervento, ma solo in caso di un attacco massiccio. Per quanto riguarda gli insetti, il problema principale è rappresentato dagli afidi che, a più ondate, si possono insediare sui germogli più giovani o sui frutticini. In tal caso occorre intervenire con un aficida oppure, per chi vuole intraprendere una lotta naturale, con estratto di nicotina, oppure piretro oppure se vi va di fare un piccolo esperimento anche con macerato d’ortica o succo di limone diluito al 50%. Il mio consiglio però è sempre di valutare se è il caso di intervenire, cioè se l’attacco è leggero si può lasciare che arrivino gli insetti predatori (Crisopa e Coccinella). Comunque il consiglio, quasi obbligo, è di intervenire con solfato di rame o prodotti equivalenti durante il riposo invernale 2-3 volte e cioè dopo la caduta delle foglie, a metà dell’inverno (gennaio) e immediatamente prima della fioritura, così da avere delle piante con la minor possibilità di ammalarsi.



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