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Savona è indagato per usura bancaria M5S e Lega lo difendono: avanti con lui



II ministro agli Affari europei, Paolo Savona è indagato a Campobasso per il reato di usura bancaria nelle vesti di ex dirigente Unicredit. Ma se sul piano penale l’inchiesta non ha finora accertato responsabilità specifiche, la notizia innesca forti polemiche politiche. «È un atto dovuto. Conoscevamo già l’indagine e abbiamo scelto Savona, si va avanti», dice subito il vicepremier grillino Luigi Di Maio, respingendo sul nascere le richieste di dimissioni avanzate dall’opposizione.



Anche Matteo Salvini si schiera apertamente con il collega di governo: «Spero che la giustizia faccia velocemente il suo corso perché penso che Paolo Savona sia una delle persone più pulite, corrette e oneste di questo Paese». L’ex segretario del Pd Matteo Renzi parla da «garantista» ma non attenua la polemica. E su Twitter scrive: «Il ministro Savona non deve dimettersi. Ma proprio per questo dico ad alta voce che Di Maio e i suoi devono vergognarsi. Per anni hanno massacrato persone e famiglie in nome di un giustizialismo vergognoso. Adesso usano la #doppiamorale».

L’inchiesta nasce da una denuncia di 21 pagine presentata nel giugno 2017 dai legali della società Engineering srl, che ha realizzato parchi eolici in Molise, Puglia e nella provincia di Benevento ed è attualmente in liquidazione. Il fascicolo del pm Rossana Venditti coinvolge, oltre al ministro, altre 22 persone con la medesima ipotesi di reato. Si tratta in sostanza dell’intero management Unicredit nel periodo che va dal 2005-2013. L’iscrizione di Savona risale al gennaio 2018. Con lui sono indagati, tra gli altri, Alessandro Profumo, oggi amministratore delegato di Leonardo, e Fabio Gallia, ad e dg di Cassa Depositi e Prestiti, Federico Ghizzoni, ex numero uno di Unicredit; l’ex sindaco di Ravenna ed ex presidente di Unicredit Aristide Canosani; Franco Bellei, tra i vertici di Banca di Roma e poi Unicredit; Cesare Farsetti, del cda della Banca agricola e commerciale; Luca Majocchi, ex Unicredit, Pagine gialle, Spencer Stuart. E poi diversi direttori di filiali.

Il capo della procura molisana, Nicola D’Angelo, sottolinea che la richiesta di proroga indagini per sei mesi, notificata il 5 luglio alle parti, è «un atto dovuto» a «garanzia degli indagati» e che «sono necessarie consulenze approfondite». Gli accertamenti riguardano le responsabilità gerarchiche e il ruolo di controllo e garanzia attribuito dalla legge ai vertici degli istituti bancari. Contattato per un commento, il ministro preferisce non parlare. Fonti a lui vicine sottolineano che in Unicredit Savona «non aveva competenza sui tassi di interesse».

Ad alimentare le polemiche ci anche sono le posizioni di Mss sul reato contestato al ministro. Lo «strozzinaggio delle banche» è stato un tema di campagna elettorale del movimento, che nel 2014, in occasione di una analoga inchiesta della procura di Trani (coinvolte Unicredit, Bnl e Monte dei Paschi di Siena «con il concorso morale degli ex vertici di Bankitalia e del ministero dell’Economia»), annunciava (il manifesto è ancora rintracciabile in rete): «A controllare c’è il Movimento 5 Stelle: finalmente #fiato sul collo alle banche!». E ancora il 19 giugno 2017, l’ex presidente di Adusbef e oggi senatore grillino, Elio Lannutti, sul Blog delle Stelle argomentava: «Famiglie e imprese italiane devono avere condizioni di credito più uniformi rispetto al resto d’Europa. Mentre bisogna mettere fine agli abusi sull’anatocismo, gli odiosi interessi sugli interessi che ancora resistono a dispetto della legge».

Walter Verini, Pd, chiede come Di Maio abbia saputo delTindagine. «Dimissioni in cinque minuti», rincara Valentina Castaldini di Alternativa popolare, mentre per Gianfranco Librandi (Pd) «Savona dovrebbe dimettersi per incompatibilità con le iniziative annunciate dal capo politico del M5S». Stefano Fassina, Leu, giudica invece la richiesta di dimissioni «strumentale e ridicola». «Garantista sempre» il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani.



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