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Google e il fisco italiano: una battaglia che va oltre la pubblicità



Google è diventato sinonimo di internet. In Italia come nel resto del mondo, ogni giorno milioni di persone utilizzano i suoi servizi per cercare informazioni, guardare video, inviare email o orientarsi nelle città. Ma dietro questa apparente semplicità si nasconde un sistema economico estremamente complesso e strutturato, capace di generare profitti miliardari. E con questi profitti arrivano anche le responsabilità, tra cui quella – spesso contestata – di contribuire al fisco dei Paesi in cui opera.



Negli ultimi anni, il colosso americano è finito più volte sotto la lente dell’Agenzia delle Entrate italiana, aprendo un contenzioso che ha sollevato interrogativi più ampi sul modo in cui i giganti del web vengono tassati in Europa. Al tempo stesso, l’idea che Google guadagni solo attraverso la pubblicità appare oggi limitante. Dietro le sue attività si cela un vero e proprio ecosistema, fatto di servizi, dati, pagamenti e interazioni che vanno ben oltre gli annunci sponsorizzati. Comprendere questa complessità è essenziale per capire anche perché i modelli fiscali attuali fatichino a stare al passo.

Un rapporto complesso

Il contenzioso tra Google e il fisco italiano ha radici profonde. Già diversi anni fa, l’Agenzia delle Entrate aveva avviato un’indagine per verificare se Google, pur generando ingenti ricavi nel nostro Paese, stesse di fatto eludendo il pagamento delle imposte attraverso una struttura societaria frammentata e operativa dall’estero. Il cuore dell’accusa riguardava la cosiddetta “stabile organizzazione occulta”: l’ipotesi secondo cui Google gestisse di fatto parte della sua attività in Italia, pur non avendo una sede fiscale riconosciuta.

Nel 2017, l’azienda ha accettato di versare oltre 300 milioni di euro per chiudere la controversia relativa al periodo compreso tra il 2002 e il 2015. Un passo importante, che però non ha risolto del tutto la questione. Infatti, il modello fiscale che regola le attività digitali resta tuttora fragile e inadeguato. Le aziende come Google operano in decine di Paesi contemporaneamente, ma riescono spesso a concentrare la tassazione in Stati a fiscalità agevolata, sfruttando le lacune normative ancora esistenti.

Il caso italiano non è isolato. Anche in Francia e nel Regno Unito sono stati avviati procedimenti simili contro le big tech, segno di una crescente attenzione da parte dei governi europei verso la necessità di riequilibrare il rapporto tra presenza economica effettiva e contributo fiscale reale.

Non solo pubblicità: l’ecosistema Google

Se fino a pochi anni fa Google veniva percepito come un motore di ricerca che viveva di pubblicità, oggi questa definizione risulta decisamente riduttiva. Il gruppo Alphabet, che controlla Google, ha esteso il proprio raggio d’azione in molteplici direzioni. La pubblicità rimane certamente una fonte centrale di guadagno, soprattutto tramite Google Ads e YouTube, ma è solo una parte del tutto. Negli ultimi anni, Google ha investito in infrastrutture cloud, diventando fornitore di servizi digitali per aziende, pubbliche amministrazioni e sanità. Ha sviluppato un sistema di pagamento evoluto, Google Pay, sempre più diffuso anche in Italia, che consente transazioni rapide, integrazioni con le banche e una raccolta sistematica di dati sulle abitudini dei consumatori.

Anche il Google Play Store è una macchina da profitti, grazie alle commissioni trattenute su app, giochi e servizi in abbonamento. E non bisogna dimenticare l’hardware: con i suoi smartphone Pixel, i dispositivi Nest e gli speaker intelligenti, Google è oggi anche un produttore tecnologico a tutti gli effetti. Questa espansione si riflette anche nella capacità della piattaforma di generare valore in settori collaterali, come quello del gioco online. 

Portali specializzati come Casinofy sfruttano l’ecosistema digitale per raggiungere un pubblico sempre più ampio, grazie alla visibilità ottenuta attraverso il motore di ricerca, al tracciamento delle preferenze degli utenti e a strategie pubblicitarie sempre più sofisticate. Questi siti offrono contenuti aggiornati, recensioni, promozioni e guide utili, diventando punti di riferimento per chi è alla ricerca delle migliori esperienze di intrattenimento digitale.

La sfida fiscale dell’economia digitale

Il punto nodale della questione è che l’attuale sistema fiscale è stato progettato per un’economia materiale, in cui le aziende avevano sedi fisiche, magazzini, dipendenti localizzati e una catena produttiva facilmente tracciabile. Al contrario, l’economia digitale — di cui Google è simbolo — si muove su logiche completamente diverse, con servizi immateriali, transazioni online, algoritmi e banche dati che attraversano i confini senza lasciare impronte territoriali evidenti.

Per questo motivo, l’Italia ha introdotto una Digital Tax, pensata per tassare i ricavi generati dalle attività digitali sul proprio territorio, indipendentemente dalla presenza fisica dell’azienda. Tuttavia, anche questa soluzione si è rivelata parziale, in quanto difficile da applicare con precisione e soggetta a contraddizioni normative.

A livello globale, l’OCSE sta lavorando a una riforma che prevede l’introduzione di un’aliquota minima effettiva per le multinazionali digitali. L’obiettivo è evitare la concorrenza fiscale tra Stati e garantire una ripartizione più equa delle entrate tributarie. Ma i tempi della diplomazia internazionale sono lunghi, e nel frattempo le aziende continuano a muoversi più velocemente delle leggi.

Il futuro della fiscalità

Il contenzioso tra Google e il fisco italiano non è solo una disputa tra un’azienda e un ente nazionale: è il simbolo di una trasformazione epocale. La rivoluzione digitale ha reso obsolete molte delle categorie economiche e fiscali del Novecento, imponendo una revisione profonda degli strumenti con cui gli Stati cercano di equilibrare il proprio bilancio.

In questo contesto, pensare che Google sia solo un motore di ricerca che vive di pubblicità significa ignorare l’ampiezza del suo impatto. È un ecosistema che ingloba dati, pagamenti, tecnologia, servizi e persino modelli di business esterni, come quelli dei portali di intrattenimento digitale. Il futuro della fiscalità – e della sovranità economica – si giocherà su queste sfide. E da come sapremo affrontarle dipenderà anche la sostenibilità del nostro sistema Paese nell’era dell’intelligenza artificiale, delle transazioni online e delle piattaforme globali.



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