Il carabiniere che ha ucciso un giovane di 23 anni a Rimini, nella notte di Capodanno, è stato iscritto nel registro degli indagati per eccesso di difesa. Il giovane, di origine egiziana, aveva aggredito quattro persone con un coltello prima di essere fermato dal militare, il comandante della compagnia di Villa Verucchio, Luciano Masini. Il caso ha sollevato diverse questioni legali, e l’indagine mira a fare chiarezza sulla dinamica e sulla legittimità dell’azione del carabiniere.
Secondo Daniele Bocciolini, avvocato penalista e esperto in diritto penale minorile, l’iscrizione del carabiniere nel registro degli indagati è un atto dovuto. La Procura di Rimini ha infatti avviato l’inchiesta per verificare la legittimità dell’operato del militare. Quest’ultimo ha sparato al giovane, che, dopo aver accoltellato quattro persone, lo aveva aggredito nuovamente con un coltello di 22 centimetri, gridando frasi in arabo. Bocciolini ha dichiarato che, nonostante l’iscrizione nel registro, la condotta del carabiniere sembra essere stata del tutto legittima.
L’ipotesi di eccesso di difesa si basa sul concetto che il carabiniere, pur essendo in una situazione di legittima difesa, avrebbe potuto fermare l’aggressore senza ricorrere all’uso delle armi. La legge italiana prevede che, quando si eccedono i limiti stabiliti dalla legittima difesa, si configurano reati colposi. In questo caso, si ipotizza che il carabiniere abbia valutato erroneamente la situazione, pur essendo giustificato a difendersi.
Se il reato di omicidio colposo venisse confermato, il carabiniere rischierebbe una pena fino a 5 anni di reclusione. Tuttavia, la difesa potrebbe essere giustificata dalla necessità di fermare un’aggressione in corso e prevenire ulteriori danni.
In generale, la difesa è legittima quando una persona agisce per proteggere sé stessa o altri da un pericolo imminente. Nel caso delle Forze dell’Ordine, l’articolo 53 del Codice Penale italiano stabilisce che non sono punibili quando agiscono per adempiere un dovere d’ufficio, utilizzando le armi per respingere una violenza o impedire la consumazione di crimini gravi come omicidi o rapine.
Nel caso specifico di Rimini, Bocciolini sostiene che l’azione del carabiniere fosse pienamente giustificata. Il 23enne, armato e già responsabile di un’aggressione, stava minacciando la sicurezza di altre persone e la propria vita. Dopo aver sparato colpi di avvertimento in aria, il carabiniere si è trovato costretto a difendersi con l’uso delle armi, mentre il giovane continuava a minacciarlo.
L’inchiesta è ancora in corso, ma la situazione sembra indirizzarsi verso una possibile archiviazione del caso, se l’esame autoptico confermerà che l’azione del carabiniere era giustificata dalla necessità di fermare un pericolo concreto. Nel frattempo, la discussione su legittima difesa e uso delle armi da parte delle forze dell’ordine continua a sollevare interrogativi, soprattutto in casi di estrema violenza come quello verificatosi a Rimini.
Il caso rappresenta un’importante riflessione sulle azioni delle forze dell’ordine in situazioni di emergenza e sulla valutazione dei rischi legati alla difesa in contesti di alto pericolo.
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