Oggi, lunedì 25 novembre, si celebra la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Contestualmente, a Milano, si attende la sentenza di primo grado per il caso di Alessandro Impagnatiello, accusato dell’omicidio della compagna Giulia Tramontano, incinta di sette mesi.
Il processo contro Alessandro Impagnatiello è giunto a un momento cruciale, con la Procura di Milano che ha richiesto la pena dell’ergastolo e 18 mesi di isolamento diurno per l’imputato. Secondo le accuse, l’uomo avrebbe ucciso la compagna Giulia Tramontano il 27 maggio 2023, colpendola con un coltello da cucina per ben 37 volte. Dopo il delitto, avrebbe tentato invano di bruciare il corpo per due volte, prima di occultarlo in un sacco dei rifiuti e abbandonarlo tra le sterpaglie nei pressi della loro abitazione a Senago.
Le aggravanti contestate all’imputato includono la crudeltà, il vincolo della convivenza e i futili motivi. Inoltre, Impagnatiello è accusato di occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza non consensuale. Durante le indagini, è emerso che la vittima e il feto presentavano tracce di veleno per topi nel sangue e nei capelli, sostanza che l’imputato avrebbe somministrato a piccole dosi nei mesi precedenti all’omicidio.
La Procura, rappresentata dall’aggiunta Letizia Mannella e dalla pm Alessia Menegazzo, ha sottolineato la gravità del caso durante la requisitoria. La pm Menegazzo ha dichiarato: “Abbiamo lavorato con tutte le nostre forze per dare giustizia anche alla sua famiglia”, aggiungendo che era fondamentale porre l’attenzione sulla vittima: “Era giusto parlare di Giulia e non solo dell’imputato.”
La difesa, rappresentata dall’avvocata Giulia Geradini, ha cercato di attenuare le responsabilità dell’imputato, sostenendo che Impagnatiello stia già vivendo una condanna morale: “Alessandro Impagnatiello la sua condanna a vita ce l’ha già. Una pena all’ergastolo o ventiquattro anni al momento per lui non cambia molto.” Tuttavia, la perizia psichiatrica disposta dalla presidente della Corte d’Assise, Antonella Bertoja, ha stabilito che al momento del fatto l’imputato era pienamente capace di intendere e di volere. Gli esperti incaricati, lo psichiatra forense Pietro Ciliberti e il medico legale Gabriele Rocca, hanno concluso che non vi erano elementi per riconoscere un vizio parziale o totale di mente.
Nonostante ciò, i consulenti della difesa hanno presentato un quadro clinico diverso. Secondo lo psichiatra Raniero Rossetti, Impagnatiello soffrirebbe di un forte disturbo di personalità narcisistica e ossessiva, caratterizzato da tratti di “mascolinità patologica”. Rossetti ha descritto l’imputato come una persona che si percepiva come “lo scacchista che tiene sotto controllo tutte le sue pedine.” Durante il periodo antecedente al delitto, Impagnatiello intratteneva una relazione parallela con una collega, a cui avrebbe mentito ripetutamente affermando di non vivere più con Giulia e che non fosse lui il padre del bambino.
Le dinamiche della tragica sera del 27 maggio sono state ricostruite dettagliatamente durante il processo. Dalle indagini è emerso che l’imputato avrebbe pianificato l’omicidio con estrema freddezza. Dopo aver accoltellato ripetutamente Giulia, avrebbe tentato due volte di distruggere il corpo con il fuoco senza successo. Infine, avrebbe nascosto il cadavere in un sacco dei rifiuti e lo avrebbe lasciato in una zona isolata poco distante dalla loro abitazione.
Un ulteriore elemento inquietante emerso durante le indagini riguarda l’utilizzo del veleno per topi. Gli esami tossicologici hanno rivelato tracce della sostanza sia nel sangue della vittima sia nei capelli del feto. Questo dettaglio ha aggravato ulteriormente la posizione dell’imputato, suggerendo una premeditazione che si sarebbe protratta per mesi.
La comunità locale e nazionale segue con attenzione il caso, che è diventato simbolo della lotta contro la violenza sulle donne. La sentenza attesa oggi rappresenta un momento cruciale non solo per la famiglia di Giulia Tramontano, ma anche per tutte le persone che chiedono giustizia in casi simili. La giornata internazionale contro la violenza sulle donne rende ancora più significativo questo passaggio giudiziario.
Il dibattimento ha visto contrapporsi due visioni opposte: da un lato l’accusa, che ha chiesto la massima pena prevista dalla legge, e dall’altro la difesa, che ha cercato di evidenziare le fragilità psicologiche dell’imputato. Tuttavia, i giudici dovranno basarsi sui fatti emersi durante il processo e sulla perizia psichiatrica ufficiale, che ha escluso qualsiasi forma di incapacità mentale al momento del crimine.
La figura di Giulia Tramontano è stata al centro delle discussioni in aula. La pm Menegazzo ha sottolineato l’importanza di ricordare la vittima come persona e non solo come parte del processo giudiziario: “Era giusto parlare di Giulia e non solo dell’imputato.” Questo approccio mira a restituire dignità alla memoria della giovane donna e del bambino mai nato.
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