Controcopertina

Insegnante faceva recitare preghiere in aula, Corte respinge appello: “Non ha adempiuto ai suoi compiti”



Il tribunale di Oristano ha respinto il ricorso presentato da Marisa Francescangeli, maestra di una scuola primaria a San Vero Milis, sospesa per 20 giorni con stipendio ridotto per aver fatto pregare gli alunni durante l’orario scolastico. La decisione è stata presa in seguito alle lamentele di due madri, che hanno segnalato il comportamento della docente alla preside dell’istituto.



Secondo la giudice Consuelo Mighela, le attività svolte in classe dalla maestra non erano “espressione della libertà di insegnamento, bensì una violazione dei suoi doveri di docente di una scuola pubblica statale e dei principi che la scuola stessa deve assicurare e garantire”, compreso il principio “fondamentale, di laicità dello Stato”. La donna ha anche “interferito con il diritto-dovere dei genitori garantito dalla Costituzione (articolo 30) di educare i figli, anche da un punto di vista religioso”.

La sospensione è stata notificata il 2 marzo 2022 dall’Ufficio scolastico provinciale, in seguito a un episodio avvenuto il 22 dicembre 2021, quando Francescangeli, in sostituzione di un collega, ha fatto recitare il Padre Nostro e l’Ave Maria agli studenti durante l’orario scolastico. A seguito delle lamentele delle due madri, la docente è stata sospesa e le è stato decurtato lo stipendio.

Assistita dal sindacato Uil scuola, Francescangeli ha provato a chiedere l’annullamento della sospensione, sostenendo che la contestazione era stata notificata senza il rispetto del termine di 20 giorni. Il che avrebbe compromesso il diritto di difesa e sarebbe stato una violazione del Contratto collettivo di lavoro.

La decisione del tribunale ha ritenuto infondati i motivi del ricorso e la sanzione disciplinare “assolutamente corretta”.

Inoltre, gli avvocati consideravano i comportamenti tenuti dalla docente da ricondurre nella sfera della libertà d’insegnamento. Tuttavia, la giudice ha respinto tali argomentazioni.

Il caso ha destato grande dibattito e ha sollevato questioni riguardanti la laicità dello Stato e il diritto dei genitori di educare i propri figli.

In una dichiarazione rilasciata a La Nuova Sardegna, Francescangeli ha espresso la sua delusione riguardo alla decisione del tribunale, affermando:

“Sono profondamente delusa da questa sentenza. Ho sempre agito nell’interesse dei miei alunni e non ho mai avuto l’intenzione di ledere i diritti dei genitori. Speravo che il tribunale avrebbe compreso il mio punto di vista, ma purtroppo non è stato così.”

La vicenda continua a suscitare reazioni contrastanti all’interno della comunità scolastica e tra gli esperti del settore. Si prevede che il dibattito sul ruolo della religione all’interno delle istituzioni scolastiche continuerà a tenere banco nei prossimi mesi.



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