Il Tribunale di Bologna ha deciso di girare alla Corte di giustizia europea il decreto sui Paesi sicuri elaborato dal governo Meloni. Questa decisione, che segna un importante intervento del sistema giudiziario italiano nella questione dell’immigrazione, nasce dalla necessità di chiarire i criteri per definire cos’è un Paese sicuro. I giudici bolognesi hanno evidenziato che, se il criterio di sicurezza fosse basato sulla condizione della maggior parte della popolazione, lo Stato nazista della Germania sarebbe considerato “sicuro”.
Il decreto del governo Meloni elenca i Paesi definiti “sicuri” per le richieste di asilo, un provvedimento che intende accelerare le procedure di asilo per i richiedenti provenienti da queste nazioni. Tuttavia, i giudici bolognesi hanno sottolineato che la lista presenta delle problematiche, in particolare riguardo alla sicurezza per le minoranze. Il Tribunale ha chiesto una revisione della normativa europea del 2013, la quale stabilisce che solo i Paesi che garantiscono sicurezza a tutte le popolazioni, incluse le minoranze, possono essere considerati “sicuri”. Il governo avrà così tempo fino alla fine di dicembre per modificare il decreto in base alle indicazioni della magistratura.
Cosa implica la decisione della Corte Ue
I magistrati bolognesi, nel sottoporre la questione alla Corte europea, vogliono chiarire quali siano i criteri per identificare un “Paese sicuro”. In particolare, si interrogano se, durante l’analisi di casi individuali, debba prevalere il primato delle norme europee su quelle nazionali. Se la Corte stabilisse che la definizione di sicurezza comprende le minoranze e l’intero territorio di un Paese, il decreto del governo Meloni potrebbe risultare inefficace di fronte alla nuova normativa.
La decisione della Corte di giustizia potrebbe portare a conseguenze rilevanti, stabilendo che i giudici italiani sono obbligati a seguire le normative europee, disregardando eventuali direttive nazionali che non siano in linea con esse.
Il dibattito politico attorno al decreto Meloni
La decisione del Tribunale ha suscitato reazioni contrastanti. Dal centrodestra, esponenti come Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia hanno denunciato un presunto uso politico della giustizia, suggerendo che la magistratura agisca per ostacolare l’operato del governo. La critica è stata condivisa anche da Maurizio Gasparri, il quale ha sottolineato che la giustizia in Italia tende a muoversi rapidamente solo quando ci sono motivazioni politiche evidenti.
In opposizione, i rappresentanti di sinistra e centro-sinistra hanno accolto positivamente il rinvio della questione alla Corte, affermando che era necessario correggere il “pasticcio” legislativo creato dal governo. Critici nei confronti dell’approccio della Meloni, hanno evidenziato la necessità di seguire le normative europee e di proteggere i diritti dei migranti.
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