Controcopertina

Le conseguenze per i tre giocatori che hanno manipolato il Gratta e Vinci per appropriarsi di 10 milioni



Un audace tentativo di vincita nel mondo del gioco d’azzardo ha portato tre uomini della Puglia a trovarsi sotto indagine per truffa. La vicenda, che ha catturato l’attenzione dei media, coinvolge un Gratta e Vinci da 10 milioni di euro, sul quale sono stati incollati due numeri vincenti. Scoperti dalla commissione di controllo della lotteria nazionale, i tre scommettitori ora affrontano accuse gravi che potrebbero costare loro da uno a cinque anni di reclusione, oltre a sanzioni pecuniarie.



L’accaduto e le accuse

Una settimana fa, la Commissione incaricata al controllo delle vincite ha rivelato il tentativo di frode, coinvolgendo tre individui: un 51enne di Martina Franca e due uomini di 46 e 47 anni di Ceglie Messapica. I tre sono accusati di tentata truffa, concorso in falso e ricettazione. Tuttavia, l’avvocato penalista Giuseppe Di Palo, intervistato da Fanpage.it, nutre seri dubbi riguardo alle contestazioni mosse contro i suoi assistiti.

Dubbi giuridici sulle accuse

Di Palo spiega che l’accusa di ricettazione non può coesistere con quella di falso, poiché il reato di falsificazione di un Gratta e Vinci non implica necessariamente la ricettazione. “O si contesta il reato presupposto, cioè il falso, o il reato consequenziale, la ricettazione”, afferma il legale, mettendo in luce le ambiguità giuridiche che potrebbero emergere in fase processuale.

Inoltre, Di Palo sottolinea che il fatto in sé di falsificare un tagliando non è automaticamente perseguibile secondo le norme attuali, poiché esistono sentenze della Cassazione che hanno già affrontato casi simili, stabilendo che l’imputazione per il reato di falsificazione è stata abrogata nel 2016.

La possibilità di una pena ridotta

Dal punto di vista legale, la situazione è complessa. La tentata truffa potrebbe portare a una condanna da uno a cinque anni, accompagnata da una multa che varia tra i 3.000 e i 15.000 euro. Tuttavia, essendo un tentativo – e non un atto consumato – Di Palo chiarisce che la pena potrebbe subire una riduzione significativa. “La condotta non è stata portata a compimento, e questo gioca a favore degli indagati”, spiega.

La strategia difensiva

La difesa si concentrerà sulla buona fede degli accusati, con l’obiettivo di stabilire che i tre scommettitori non erano consapevoli di commettere alcun reato. Di Palo cita un caso precedente del 2012, in cui una persona è stata assolta per aver trovato un Gratta e Vinci falso, dimostrando che il principio di buona fede può essere una valida linea difensiva in simili circostanze.

Questioni sociali dietro alla truffa

Ben oltre le singole responsabilità, Di Palo conclude affermando che situazioni come queste possono essere il segnale di problematiche economiche o ludopatia. Questi fenomeni complessi e rilevanti nella società pongono interrogativi sulla motivazione degli individui coinvolti in atti di frode, evidenziando l’importanza di una riflessione più ampia su come il gioco possa influenzare le scelte personali.

La vicenda dei tre indagati per il tentativo di incollare numeri vincenti su un Gratta e Vinci da 10 milioni di euro non è solo un caso di truffa. Essa mette in luce interrogativi legali e sociali, invitando a una riflessione sulle conseguenze del gioco d’azzardo e sulle potenziali sofferenze degli individui che si trovano coinvolti in queste dinamiche. Mentre il processo seguirà il suo corso, resta da vedere come si evolveranno le difese e quali risultanze emergeranno dall’analisi giuridica di questa curiosa e preoccupante vicenda.



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