Vannacci sarà processato per diffamazione: il giudice militare non accetta di archiviare il caso



Roberto Vannacci andrà a processo. Lo ha deciso il giudice del tribunale militare di Roma, che ha respinto la richiesta di archiviazione presentata dalla procura contro il generale del Mondo al Contrario. Al centro dell’inchiesta c’è il presunto reato di diffamazione militare che l’eurodeputato della Lega avrebbe commesso nel suo primo libro, Il Mondo al Contrario, ai danni di un collega dell’esercito.



Non è nota l’identità del militare che sarebbe stato danneggiato da quanto scritto nel libro del generale, ma ora, su indicazione del giudice, la procura militare di Roma dovrà, entro dieci giorni, formulare l’imputazione. Non si tratta di un rinvio a giudizio, che sarà richiesto dalla procura. Quindi, ci sarà un processo e Vannacci dovrà rispondere delle accuse.

La notizia ha sorpreso l’eurodeputato e i suoi avvocati, che probabilmente si aspettavano un esito simile a quello dell’altra inchiesta legata al libro, che ha portato il generale alla ribalta. Solo qualche mese fa, il tribunale militare aveva archiviato le accuse nell’ambito dell’indagine per istigazione all’odio razziale, anche essa legata a dichiarazioni presenti nel libro. In quel caso, Vannacci avrebbe potuto rischiare fino a un anno e mezzo di carcere.

In questa situazione, i pubblici ministeri hanno ritenuto di non avere gli elementi per processare il generale per diffamazione e che non ci fosse alcun reato, da qui la richiesta di archiviazione. Tuttavia, il giudice per le indagini preliminari del tribunale militare ha deciso diversamente, richiedendo l’imputazione.

Il Codice militare di pace è molto chiaro, indicando che per il reato di diffamazione militare la pena va da sei mesi a tre anni di carcere. In particolare, l’articolo 227 stabilisce:

Il militare che, al di fuori dei casi previsti nell’articolo precedente, comunica con più persone e offende la reputazione di un altro militare, è punito, se il fatto non costituisce un reato più grave, con la reclusione militare fino a sei mesi. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto specifico, o è comunicata attraverso la stampa o un altro mezzo di pubblicità, oppure in atto pubblico, la pena va da sei mesi a tre anni di reclusione militare.

Rispetto la decisione, ma non concordo con il giudice quando ha visto un intento diffamatorio nelle pagine contestate del libro nei confronti di un militare specifico, che, per inciso, non viene nominato e non ha mai presentato denuncia. Ha dichiarato l’avvocato dell’ufficiale, Giorgio Carta. Affronteremo le fasi successive del procedimento con la serenità che deriva dalla fiducia nei giudici militari e dal fatto che la procura militare aveva escluso qualsiasi reato nel libro, ha aggiunto il legale.



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