Controcopertina

Una brutta sorpresa da Sigfrido Ranucci, l’annuncio scioccante del conduttore di Report. Anche lui si aggiunge al gruppo delle persone danneggiate: la televisione pubblica ha mai veramente diffuso informazioni?



Sigfrido Ranucci ha illustrato la sua visione sulla libertà di stampa e i pericoli che essa affronta, durante un incontro al festival “Libro Possibile”. Rispondendo alle domande dei giornalisti, Ranucci ha commentato l’ipotetico cambio di orario della sua trasmissione d’inchiesta su Rai 3, affermando che “Report”, premiata come miglior programma di informazione, merita maggior rispetto.



Nel suo libro “La scelta”, Ranucci approfondisce la tematica della libertà d’informazione e il valore del suo lavoro. “In Italia mi sono sempre sentito libero, anche in questi anni – ha aggiunto – Ma bisogna decidere quanta energia impiegare per difendere questa libertà di stampa”. Ranucci ha trovato conforto nell’affetto del pubblico durante il tour per la presentazione del libro, sentendo che le sue scelte, come mantenere il pubblico come unico editore di riferimento senza padrini politici, erano giuste. “L’indipendenza è uno stato dell’anima”, ha detto.

Ranucci ha ricordato che l’Europa, nonostante si consideri la culla della civiltà, ha visto l’uccisione di cinque giornalisti negli ultimi anni, tra cui Daphne Caruana Galizia a Malta e Peter R. De Vries in Olanda. Questi giornalisti indagavano sui rapporti tra politica e criminalità organizzata e non hanno ancora ricevuto giustizia. In Italia, ci sono 270 giornalisti sotto protezione, 22 dei quali vivono sotto scorta. Ranucci ha sottolineato il record mondiale di denunce da parte di politici contro giornalisti e la presenza di leggi liberticide. Un esempio di queste leggi prevede il carcere per giornalisti che divulgano informazioni raccolte illecitamente, un rischio che non esiste negli Stati Uniti dove il consorzio Icij è stato premiato con il Pulitzer per inchieste come i Panama Papers e i Paradise Papers.

Queste inchieste hanno svelato risorse sottratte alla collettività, privando i servizi pubblici di fondi essenziali. Mentre in America tali giornalisti vengono celebrati, in Italia rischiano il carcere. Altri tentativi legislativi mirano a limitare la divulgazione di nomi di arrestati o di relazioni con terzi, un potenziale corto circuito che potrebbe realizzarsi con l’entrata in vigore della riforma Cartabia nel 2025.

Quando gli è stato chiesto se avesse mai avuto paura, Ranucci ha risposto: “Certo, sono stato in contesti di guerra. La paura è necessaria per salvare la tua vita e quella delle persone intorno a te”.

Infine, riguardo al caso Assange, Ranucci ha dichiarato che, sebbene l’epilogo sia positivo, le modalità lasciano l’amaro in bocca. Assange ha pagato con 15 anni di libertà individuale e ha dovuto assumersi responsabilità non del tutto chiare, nonostante abbia informato il mondo sui crimini di guerra e sulla gestione dei governi.

Questa prospettiva offerta da Ranucci ci ricorda l’importanza della libertà di stampa e del giornalismo investigativo in un mondo in cui la verità è spesso minacciata da interessi potenti e leggi restrittive.



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