Controcopertina

Glifosato è tumorale: rintracciato in molti prodotti come prosecco, avena e cereali



La corte della California, citando uno studio della AIRC, ha condannato la Monsanto a risarcire un contadino che secondo il giudico si è ammalato di cancro a causa del Glifosato. Per lo stesso studio Italia e regioni stanno cercando di limitare o addirittura eliminare l’utilizzo del pesticida utilizzato molto nell’agricoltura. Prosecco, pasta e cereali in genere contengono quantità di glifosato, vediamo i rischi reali e cosa dicono diverse ricerche.Secondo la corte della California lo è, basandosi esclusivamente sulle valutazioni della AIRC che classifica il glifosfato 2A, ovvero probabilmente cancerogeno. In realtà l’AIRC fa riferimento a due studi molto dubbi e contestati dalla comunità scientifica, data l’esiguità del campione preso. Nemmeno 20 venti persone.



Si continua a parlare del glifosato, ovvero l’Erbicida che nell’ultimo anno sembra essere stato proprio al centro di una accesa polemica, perché utilizzato in grande quantità dalle aziende e ritenuto piuttosto pericoloso per la salute dell’uomo. Proprio nelle ore precedenti, è giunta una notizia secondo cui tracce di glifosato sarebbero state ritrovate in quantità eccessive in prodotti per la prima colazione a base di cereali, soprattutto destinati ai bambini. Perlopiù è questo Quanto emerso da un’analisi compiuta dall‘ Ente no profit environmental Working Group, secondo cui sarebbero almeno 31 su 45 prodotti analizzati quelli che rivelano la presenza del glifosato in quantità superiori alla soglia che sarebbe ritenuta sicura per i bambini. Purtroppo si tratta di dati piuttosto allarmanti, soprattutto perché il controverso erbicida prodotto dalla Monsanto con il nome commerciale roundup sarebbe come già detto da tempo al centro di una polemica dalle grandi dimensioni per via della sua nocività.

Secondo alcuni analisi Infatti, questa sostanza sarebbe stata ritenuta cancerogena e il fatto che sia presente in quantità eccessive superiore alla soglia ritenuta sicura per l’uomo e per i bambini, fa sì che possa scattare l’allarme. “Siamo molto preoccupati che i consumatori mangino più glifosato di quanto non pensino”, ha dichiarato Scott Faber, vice presidente di Ewg.

“Il test di laboratorio ha esaminato 45 campioni di prodotti realizzati con avena e hanno trovato il glifosato, l’ingrediente attivo nel Roundup in ciascun campione, eccetto due. Nemmeno i prodotti biologici si sono salvati dall’onnipresenza di questo erbicida. Fra i prodotti noti anche in Italia, fra quelli esaminati, ci sono i cereali Cheerios e i fiocchi d’avene Quaker”, ha aggiunto Faber. Tuttavia sarebbe intervenuta l’agenzia americana per la protezione ambientale, negando che l’ erbicida in questione possa aumentare il rischio di cancro, Ma l’Ewg ha provveduto a Sollecitare l’agenzia in modo da poter riesaminare tutte le prove che possono collegare questa sostanza all’insorgenza e all’aumento del rischio di cancro.

Intanto una settimana fa una sentenza in un tribunale americano aveva condannato la Monsanto a risarcire un giardiniere di 46 anni che aveva sporto denuncia contro la società e per l’insorgenza delle linfoma non hodking e all’uomo pare dovessero essere pagati circa 289 milioni di dollari anche se da recente la società acquisita dalla Bayer aveva annunciato di appellarsi alla decisione. L’uso del glifosato è autorizzato dall’Unione Europea soltanto in via provvisoria. Il suo utilizzo nello specifico è stato ammesso per altri 5 anni soltanto lo scorso anno Anche se però nel nostro paese si può utilizzare soltanto in delle arie piuttosto frequentate.

Un rapporto ONU del gennaio 2017 afferma che l’esposizione cronica ai pesticidi è pericolosa per gli effetti sulla salute che ne risultano: agiscono come interferenti endocrini, sono correlati al manifestarsi di cancro, Alzheimer, Parkinson, disturbi ormonali, problemi della crescita e dell’apprendimento, sterilità maschile e femminile, genotossicità, cui si aggiungono disturbi neurologici, come perdita della memoria. Per quanto riguarda la valutazione tossicologica delle diverse Agenzie che si occupano di pesticidi è da sottolineare la mancanza di un limite miscela sia per l’ambiente che per gli alimenti. Mentre per i luoghi di lavoro si utilizza da sempre un TLV (Threshold Limit Value) miscela in caso di presenza di più sostanze inquinanti, per gli inquinanti ambientali ogni sostanza viene considerata da sola, senza porsi il problema del carico che la miscela esercita complessivamente sull’ambiente o sulla persona. Il Dossier riserva una grande parte al GLIFOSATO Il glifosato è una minaccia reale o una paura remota? La domanda è quanto mai attuale dopo la classificazione dell’erbicida più utilizzato al mondo come probabile cancerogeno da parte della IARC e l’assoluzione dell’ECHA, l’Agenzia Europea delle Sostanze Chimiche. Per la assoluzione da parte di ECHA pesa con ogni probabilità la composizione del Comitato per la Valutazione dei Rischi -RAC- che elabora i pareri sugli effetti che le sostanze chimiche hanno per la salute umana e l’ambiente, essendo composto per il 71% da rappresentanti delle Associazioni Industriali e quindi con possibili conflitti di interesse.

Nel caso del Glifosato, ad esempio, sostanza base dell’erbicida Roundup, l’EFSA dichiara nell’ottobre 2015 che “rispetto al glifosato, in tutti i punti finali esaminati sono stati osservati effetti tossici significativi del suo coformulante l’ammina di sego polietossilata”. Talmente tossico che nell’agosto 2016 è stata disposta la revoca dell’autorizzazione alla commercializzazione e all’impiego dei prodotti contenenti tale coformulante. Nel 2016 l’istituto per l’ambiente di Monaco ha condotto un’indagine sulla presenza di glifosato nella birra e in ben 14 marche tra le più diffuse sono state rilevate tracce della sostanza attiva, con livelli che oscillano tra 0,46 e 29,74 microgrammi per litro.

Negli U.S.A. nel 2015 la Boston University e Abraxis LLC hanno trovato tracce di glifosato nel 62% del miele convenzionale e nel 45% del miele biologico analizzati. In Argentina il pesticida è stato trovato anche nell’85% delle garze sterili e dei tampax; risultato analogo su prodotti per l’igiene personale è stato rilevato in Francia dalle analisi della rivista di consumatori 60 Millions de Consommateurs, costringendo al ritiro del lotto di 3.100 salvaslip di Organyc (dell’azienda Corman) . Nell’aprile 2017 l’Agenzia canadese di ispezione degli alimenti ha pubblicato i dati 2016 sulla contaminazione da glifosato nei cibi. Tracce del pesticida sono state rinvenute in frutta e vegetali freschi (7,3%) e nei prodotti trasformati (12,1%). Ad allarmare è la presenza di glifosato nel 36,6% dei campioni di grano analizzati, di cui il 3,9% oltre i limiti canadesi delle 5 ppm . Nell’agosto 2016 il Ministero della Salute ha recepito il Regolamento 2016/1313 del 1° agosto 2016 dell’Unione Europea emanando il Decreto che revoca le autorizzazioni all’uso di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosato: • nelle aree frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili; • per l’impiego in pre raccolta al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura; • in caso di impiego extra agricolo, sui suoli contenenti più dell’80% di sabbia, nonché in aree vulnerabili e zone di rispetto. A fine agosto è stata poi revocata l’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosato e il coformulante ammina di sego polietossilata. È stato tuttavia ammesso un periodo di tolleranza per permettere la vendita delle giacenze.

Va ricordato che l’adozione del PAN con decreto 22 gennaio 2014 già prevedeva che: “Ai fini della tutela della salute e della sicurezza pubblica è necessario ridurre l’uso dei prodotti fitosanitari o dei rischi connessi al loro utilizzo nelle aree frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili, ricorrendo a mezzi alternativi (meccanici, fisici, biologici)”- “ i trattamenti diserbanti sono vietati e sostituiti con metodi alternativi nelle zone frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili” Un capitolo viene riservato al GLUFOSINATO, è un erbicida attualmente utilizzato in 82 stati commercializzato sotto vari marchi come “Liberty” e “Basta”, prodotto dalla multinazionale tedesca Bayer Crop Science. Nel 2005 l’EFSA aveva dichiarato che il glufosinato presenta: • un elevato rischio per i mammiferi • un possibile pericolo per i feti • un potenziale rischio di ridurre la fertilità. In Italia la sospensione cautelativa dell’autorizzazione di impiego del prodotto fitosanitario Basta 200, a base di glufosinate ammonio, è stata revocata nell’aprile 2012 introducendo nuovamente il prodotto sul mercato, con un permesso valido fino al 30 settembre 2017.

Un capitolo viene riservato al “PESO DELLE MONOCOLTURE”, sempre più diffusa nel tipo di agricoltura industriale moderna: usano di norma grandi quantità di fertilizzanti e pesticidi, utilizzano spesso sementi modificate e resistenti ai diserbanti, sono fra le principali cause della progressiva perdita di biodiversità a livello globale, manifestando una scarsa resilienza e, anzi, enorme vulnerabilità ai cambiamenti climatici. Per molte comunità indigene comportano la perdita della sicurezza alimentare imponendo una dieta sempre più standardizzata a discapito della biodiversità e della tipicità delle diete locali UNA I.C.E. EUROPEA PER BANDIRE IL GLIFOSATO L’iniziativa dei cittadini europei (ICE) è uno strumento di democrazia dal basso relativamente recente (i relativi regolamenti sono stai approvati nel 2011). L’iniziativa consente di formulare un invito formale alla Commissione Europea, affinché questa proponga un atto legislativo in una delle materie di competenza dell’UE. Affinché la richiesta sia valida deve essere firmata da almeno un milione di cittadini dell’Unione europea con soglie minime raggiunte in almeno sette Stati membri. Non è uno strumento “vincolante”, ma la Commissione Europea è obbligata a rispondere e quindi a dare risalto anche politico all’argomento che i cittadini intendono porre. È uno strumento la cui forza è proporzionale al coinvolgimento e alla capacità di mobilitazione che lo accompagnano. In questo momento è in corso in UE l’ICE “fermiamo il glifosato”, per chiedere alla commissione di vietare il glifosato, di riformare il processo di approvazione dei pesticidi UE e di impostare obiettivi vincolanti per ridurre l’uso dei pesticidi in Europa. Ad oggi il milione di firme previsto è stato raggiunto.

Cosa succede in ITALIA Il 23 novembre 2016 la Giunta della Regione Calabria ha approvato la delibera 461/2016, contenente l’aggiornamento dei Disciplinari di produzione integrata delle infestanti e pratiche agronomiche. In questo modo la Calabria è diventata la prima Regione italiana a escludere le aziende agricole che utilizzano il glifosato dai finanziamenti del Piano di Sviluppo Rurale (PSR). Nel marzo 2017 il Consiglio regionale della Toscana ha approvato all’unanimità una mozione che impegna la Giunta a rimuovere il glifosato da tutti i disciplinari di produzione e a escludere immediatamente dai premi del PSR le aziende che ne fanno uso. La mozione impegna la Giunta regionale anche a sostenere sul territorio approcci agro-ecologici per migliorare la fertilità dei suoli e a intervenire presso il governo per l’applicazione del principio di precauzione a livello nazionale ed europeo, vietando definitivamente la produzione e l’uso di tutti i prodotti fitosanitari che contengano il glifosato come principio attivo. Nel 2010, successivamente alle analisi effettuate da un comitato di cittadini, è risultato che i bambini della Val di Non presentavano valori nelle urine da metaboliti di pesticidi più elevati degli adulti e che gli stessi valori della sostanza attiva Clorpirifos etile (un insetticida organofosforico) erano 4 volte maggiori rispetto a quelli di riferimento della popolazione media. Diverse giunte comunali della provincia di Belluno, hanno approvato un nuovo regolamento di Polizia Agraria che prevede di utilizzare nei trattamenti solo prodotti alternativi a quelli classificati H 300 tossici per l’uomo.

Si continua a discutere sulla pericolosità o meno del glifosato ed a tal riguardo l’Italia pare abbia fissato delle restrizioni d’uso che via via sembrano portano alla sua eliminazione totale.Tali restrizioni sembrano essere scattate nella giornata di ieri e praticamente riguardano il commercio ed ancorale modifiche all’impiego del glifosato, il tanto discusso diserbante utilizzato in parchi pubblici ed in agricoltura che in Italia è regolamentato.

Il decreto del ministero della Salute, revoca l’autorizzazione all’immissione in commercio ed impiego dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosate ed il coformulante ammina di sego polietossilata. Intervenuto sulla questione il parlamentare penta stellato umbro Gallinella, il quale ha dichiarato: “Le restrizioni sul glifosato rappresentano un primo importante risultato.Come M5S abbiamo presentato una proposta di legge per vietarne l’uso da parte dei Comuni su parchi e strade. Adesso, l’attenzione deve concentrarsi sulle importazioni dei prodotti alimentari provenienti da Paesi che continuano ad usare il glifosato in pre raccolta e sugli accordi commerciali come il Ttip che rischiano di portare una deregulation pericolosa in Europa che non ha preso ancora una posizione comune sull’impiego del glifosato. In gioco c’è la nostra sicurezza alimentare e la difesa del nostro made in Italy”.

Purtroppo già nei mesi scorsi l’Iarc, ovvero l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, pare abbia inserito il glifosato nella lista delle sostanze probabilmente cancerogene; contrario a tale decisione invece l’Efsa, ovvero l’Agenzia per la sicurezza alimentare, la quale ha giudicato il composto chimico come probabilmente non cancerogeno. Intanto, nonostante questi pareri discordanti, pare che l’Ue abbia deciso di proporre la limitazione dell’uso dell’erbicida in parchi pubblici e parchi giochi, e di “rafforzare l’esame minuzioso del suo uso pre-raccolto”, ricevendo poi l’ok da parte del Comitato dei 28 per la salute delle piante.Tutte queste regole sono state riprese dal nostro paese nel decreto entrato in vigore proprio da poche ore ormai.

“Con questa scelta l’Italia si conferma all’avanguardia in Europa e nel mondo nelle politiche rivolte alla sicurezza alimentare ed ambientale ma non siamo all’altezza nella difesa dei cittadini se non verranno bloccate le importazioni dai Paesi che continuano ad utilizzare il glifosato in preraccolta”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.Come abbiamo avuto modo di anticipare, il glifosato è un erbicida la cui pericolosità per la salute al giorno d’oggi è stata oggetto di pareri contrastanti, come abbiamo avuto modo di capire; proprio a tal riguardo, nell’attesa che l’Agenza chimica europea sui rischi per la salute si esprima sulla pericolosità o meno dell’erbicida, la Ue ne ha prorogata a tutto il 2017 la commercializzazione affidando agli Stati membri la possibilità di introdurne limitazioni sul proprio territorio.Entro la fine dell’anno prossimo, dunque, dovrebbe essere pronto un nuovo parere scientifico, si spera definitivo, ma nel frattempo ogni Paese agisce di propria iniziativa, come Malta, che ha deciso di attuare il divieto assoluto del pesticida.o.

Nell’ottobre 2016 una coalizione di movimenti della società civile internazionale ha istituito un tribunale etico contro una delle maggiori multinazionali statunitensi del settore agrochimico: Monsanto. Il Tribunale Monsanto ha dato la possibilità alle vittime, ai medici, agli esperti del mondo accademico e ad avvocati internazionali di denunciare i danni ambientali e sociali causati da Monsanto, soprattutto in relazione all’impatto della produzione del pesticida RoundUp, a base di glifosato. Il parere legale consultivo dei giudici, emesso il 18 aprile 2017, ha concluso che la Monsanto ha condotto azioni che hanno negativamente pregiudicato il diritto a un ambiente sano, il diritto al cibo e il diritto alla salute e ha confermato la necessità di affermare il primato dei diritti umani e ambientali all’interno di un quadro giuridico internazionale, in special modo in relazione alla condotta delle multinazionali. Al contesto istituzionale e normativo, si aggiungono, d’altra parte, i casi reali, come quelli dello Sri Lanka e del Salvador, dove i prodotti a base di glifosato sono stati vietati in quanto ritenuti correlati all’insorgenza di un numero elevato di casi di nefrite interstiziale cronica nelle comunità agricole. In Argentina e negli Stati Uniti sono invece in corso numerose battaglie legali contro aziende agrochimiche e contro le vii istituzioni che ne difendono gli interessi, per denunciare la stretta correlazione tra l’aumento di alcune malattie, quali il cancro e le malformazioni alla nascita, e l’esposizione ai pesticidi a base di glifosato. A questo si aggiunga che in molti paesi del Sud del mondo è in corso un’aggressiva campagna promozionale da parte delle aziende agrochimiche per convincere gli agricoltori ad acquistare i loro prodotti che, nella maggior parte dei casi, non riportano alcuna informazione riguardante i rischi per la salute.

L’evidenza di effetti di avvelenamento acuto, sub-acuto e cronico viene, al contrario, sistematicamente negata dalle aziende produttrici. L’approccio promozionale delle industrie agrochimiche, pur essendo profondamente immorale, non è oggetto di attenzione da parte dei governi o delle istituzioni incaricate di regolamentare l’uso delle sostanza chimiche e proteggere la salute della popolazione. La produzione di gran parte delle sostanze chimiche è concentrata nelle mani di poche grandi aziende multinazionali: Bayer CropScience, Monsanto, BASF, Syngenta, ChemChina, Dow AgroSciences e DuPont. Queste aziende, specialmente Monsanto e Bayer, producevano originariamente armi chimiche per l’industria bellica, come l’Agente Arancio utilizzato dall’esercito americano durante la guerra nel Vietnam. Negli ultimi decenni queste aziende hanno individuato nell’agricoltura il settore in cui continuare a commercializzare i propri prodotti. Tra questi colossi sono in corso processi di fusioni e acquisizioni che mirano ad aumentarne ulteriormente le dimensioni: è quanto sta avvenendo tra Monsanto e Bayer, tra Syngenta e Chem-China, tra Dow e Dupont. È facilmente immaginabile che in tal modo la pressione sui governi e sulle istituzioni dei vari paesi affinché le normative sanitarie e ambientali non interferiscano con le loro attività e i loro profitti è destinata ad aumentare. Multinazionali più grandi e ancor più potenti che potrebbero trarre ulteriori vantaggi dalla ratifica dei cosiddetti accordi commerciali internazionali di libero scambio, come il Ceta, recentemente sottoscritto fra Unione Europea e Canada. Si tratta di accordi di nuova generazione che risultano fortemente influenzati dalle lobby industriali e che prevedono il controverso meccanismo dei tribunali arbitrali privati (Isds o Ics nel caso del Ceta). Tale meccanismo permette alle multinazionali di citare in giudizio i governi nazionali con l’obiettivo di chiedere risarcimenti milionari in caso di approvazione di regolamentazioni avverse ai loro interessi, anche qualora queste ultime siano a tutela della salute, dei lavoratori, etc. In questo scenario, tutte le normative di tutela nazionali e locali esistenti risultano a rischio.

L’unica risposta possibile al crescente degrado ecologico, alla povertà, all’emergenza sanitaria e alla malnutrizione è superare il paradigma dell’economia lineare estrattiva, in cui si inserisce il modello agricolo industriale, in favore di quella circolare rigenerativa, per guidare non solo le decisioni riguardanti l’ambiente e l’agricoltura, ma tutte le scelte economiche e sociali. Un modello agricolo che rispetti l’ambiente, le risorse e la salute e che si prenda cura dell’integrità del suolo e della biodiversità, lavorando in armonia con i processi naturali, sostituisce il processo lineare di sfruttamento del suolo e delle risorse con un processo circolare di restituzione che garantisce la resilienza, la sostenibilità, la giustizia e la pace. viii La strada dell’agroecologia fu abbandonata dagli istituti di ricerca e dai governi a causa delle pressioni esercitate dalle grandi aziende chimiche, che ora sono anche aziende biotecnologiche e sementiere. Si tratta in realtà di pratiche ancora capillarmente in uso, se si considera che la maggior parte della popolazione mondiale è composta da piccoli agricoltori e che essi producono la maggior parte del cibo che mangiamo. Nel Rapporto 2010 il relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto al cibo, Olivier De Schutter argomenta che “gli agricoltori locali su piccola scala nelle regioni critiche del pianeta potrebbero raddoppiare la produzione di alimenti in un decennio utilizzando metodi ecologici”, in quanto “i progetti agroecologici hanno mostrato un incremento medio dell’80% sui raccolti in 57 paesi in via di sviluppo, +116% in tutti i progetti africani.

I progetti recentemente condotti in 20 paesi africani hanno confermato la possibilità di raddoppiare il raccolto in un periodo che varia tra i 3 e i 10 anni. L’agricoltura convenzionale ha bisogno di risorse costose, contribuisce al cambiamento del clima ma non resiste agli shock climatici. Semplicemente, oggi non è più la migliore scelta”. Questo dossier sugli agrotossici intende denunciare non solo le pressioni in corso per la commercializzazione di uno specifico prodotto, il glifosato, a scapito della sua potenziale tossicità e dei rischi connessi per la salute umana e per l’ambiente, ma anche la fragilità di un sistema di regolamentazione che dovrebbe tutelare consumatori e cittadini mettendoli al riparo dai voraci appetiti delle multinazionali. Si tratta di aziende che mirano solo ed esclusivamente a incrementare i profitti per i propri azionisti con piani di breve periodo. Le preoccupazioni per l’ambiente e la salute dei consumatori nel medio-lungo periodo non rientrano nella loro vision. È proprio per questo che i governi e gli enti di controllo sovranazionali dovrebbero mantenere alta la guardia. Tuttavia gli ingenti investimenti in azioni di lobby da parte delle multinazionali che pagano milioni di dollari ad agenzie specializzate per esercitare pressioni sui decisori politici sortiscono spesso l’effetto desiderato. Gli investimenti delle multinazionali per assicurarsi il via libera dagli organismi preposti al controllo sono indirizzati anche alla comunità scientifica che, in teoria, dovrebbero essere super partes. La strategia, in sintesi, oltre all’influenza indebita su chi le regole dovrebbe farle rispettare, prevede di influenzare direttamente o sabotare i processi regolatori. Quanto ancora consumatori e cittadini potranno sopportare un modello che arricchisce pochi soggetti, privati e istituzionali, e che comporta danni irreversibili alla loro salute e all’ambiente? Guardando oltre i miti e la propaganda creata dalle multinazionali, esiste sufficiente conoscenza, lavoro di ricerca e casi concreti per affermare che non abbiamo bisogno di utilizzare prodotti agrotossici per produrre il nostro cibo. Le alternative ai diktat del cosiddetto “Cartello dei Veleni” esistono e il nostro lavoro è proprio quello di individuarle, condividerle e realizzarle in maniera trasparente e partecipata.

COSA SONO I PESTICIDI? Prima di addentrarci nell’analisi delle singole sostanze, dei prodotti in cui sono contenute e dei rischi che la loro assunzione produce sull’organismo umano, iniziamo con il definire il “nemico”. Cosa sono i pesticidi? Con il termine “pesticida” si intende “qualsiasi sostanza o mix di sostanze contenente ingredienti chimici o biologici destinati a repellere, distruggere o controllare parassiti o a regolare la crescita delle piante” [1]. I pesticidi possono essere prodotti fitosanitari (prodotti chimici) o biocidi (di origine organica). Mentre tutti i prodotti fitosanitari (detti anche agrofarmaci) appartengono alla categoria dei pesticidi, non tutti i biocidi ne fanno parte, in quanto sono annoverati tra i biocidi anche disinfettanti, preservanti e anti incrostanti non definibili come pesticidi. Al gruppo dei pesticidi appartengono erbicidi, fungicidi, insetticidi, acaricidi, regolatori della crescita della pianta e repellenti. La FAO, Agenzia delle Nazioni Unite per il Cibo e l’Agricoltura, definisce pesticida qualsiasi sostanza, singola o miscelata con altre, destinata a distruggere o tenere sotto controllo qualsiasi organismo nocivo, impedirne o prevenirne i danni, inclusi i vettori di malattie umane e animali, le specie indesiderate di piante o animali che causano danni o comunque interferiscono durante la produzione, la lavorazione, la conservazione, il trasporto e la commercializzazione di cibo, di derrate alimentari, di legname e suoi derivati, di alimenti zootecnici, nonché le sostanze che possono essere destinate agli animali per il controllo di insetti, acari o altri organismi nocivi somministrate o applicate a essi. Sono incluse le sostanze intese per l’utilizzo come regolatori di crescita delle piante, defoglianti, disseccanti, diradanti o anticascola dei frutti. Inoltre quelle applicate alle coltivazioni prima o dopo il raccolto per proteggerlo dal deterioramento durante conservazione e trasporto [2]. In Italia il termine pesticida è usato come sinonimo di prodotto fitosanitario, più comunemente identificato in tutto il mondo come Prodotto per la Protezione delle Piante (PPP – Plant Protection Product), con cui si intendono tutti quei prodotti comunemente utilizzati in agricoltura per portare a termine il raccolto, prevenendo che venga attaccato da malattie o infestazioni. I PPP contengono almeno una sostanza attiva. In quest’ambito l’European Food Safety Agency EFSA, l’agenzia di riferimento per l’UE, lavora per identificare il rischio legato alla sostanza attiva di riferimento. Nel lavoro che presentiamo di seguito il riferimento ai pesticidi sarà destinato unicamente a identificare i prodotti fitosanitari, anche detti agrofarmaci o agrotossici, e non al gruppo dei biocidi appartenenti alla famiglia dei pesticidi.

COMPOSIZIONE Un prodotto fitosanitario è composto in genere da tre tipi di ingredienti: una sostanza attiva (o anche ingrediente attivo), un coadiuvante e un coformulante. • Il principio attivo o sostanza attiva è la frazione più importante di un prodotto fitosanitario, che agisce nei confronti del parassita o malattia che si vuole controllare; • I coadiuvanti sono sostanze che influiscono positivamente sull’efficacia delle sostanze attive e ne migliorano la distribuzione. Si tratta di solventi, sospensivanti, emulsionanti, bagnanti, adesivanti, antideriva, antievaporanti e antischiuma; • I coformulanti, infine, servono a ridurre la concentrazione della sostanza attiva (sostanze inerti e diluenti) [3]. L’EFSA, agenzia europea che controlla il grado di tossicità della sostanza attiva dei singoli pesticidi, basandosi sull’indicazione fornita da chi produce il prodotto fitosanitario, non indaga il rischio tossicologico legato al mix complessivo del pesticida messo in commercio. Tale limitazione è particolarmente allarmante se si considera che la pericolosità per la salute umana e per l’ambiente dei coformulanti contenuti nei singoli pesticidi supera spesso quella della sostanza attiva. Caso emblematico è quello relativo ai prodotti a base di glifosato, sostanza base del Roundup, l’erbicida più usato al mondo di cui tanto si dibatte negli ultimi anni. Dopo decenni di impiego è stato dimostrato [4] che il suo coformulante, l’ammina di sego polietossilata (o tallowamine, in inglese POEA), è più tossico del glifosato stesso. Solo nell’agosto 2016 è stata disposta la revoca dell’autorizzazione alla commercializzazione e all’impiego dei prodotti contenenti tale coformulante.

UN QUADRO NORMATIVO POCO ARMONIZZATO A partire dal 1999 l’Unione Europea ha intrapreso un cammino di riforma riguardo le norme di sicurezza dei prodotti chimici, che ha inizialmente portato al Regolamento CE 1907/2006 conosciuto con l’acronimo REACH: Registrazione, Valutazione, Autorizzazione delle sostanze chimiche. Il complesso meccanismo di attuazione ha richiesto l’istituzione di una nuova agenzia – la European Chemical Agency ECHA – e portato all’adozione di un nuovo schema armonizzato a livello mondiale per la classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze attive e delle miscele. Il Regolamento CE 1271/2008 CLP [5], che sostituisce la legislazione precedente [6], costituisce il recepimento europeo del GHS (Globally Harmonised System), sviluppato dalle Nazioni Unite. Il Regolamento CLP definisce i criteri e la modalità con cui le informazioni riguardanti la classificazione, etichettatura e imballaggio devono essere fornite in fase di commercializzazione, mentre spetta all’industria la proposta di classificare le sostanze e le miscele in base ai pericoli identificati che vengono comunicati con indicazione di pericolo (H) o di prudenza (P). La legislazione stabilisce che ogni sostanza o miscela che sia prodotta o importata nel territorio della UE e immessa sul mercato deve essere valutata in base alle sue proprietà chimico-fisiche, tossicologiche ed ecotossicologiche, al fine di individuare le potenziali pericolosità per l’uomo e per l’ambiente.[7] Ogni sostanza o miscela deve in definitiva essere dotata di un’etichetta, sulla quale devono essere riportate le informazioni sulla pericolosità, le avvertenze da osservare in caso di utilizzo e di un imballaggio conforme a quanto disposto dalla normativa in termini di idoneità al prodotto contenuto.

TOSSICITÀ E CLASSIFICAZIONE Le sostanze chimiche sono suddivise in classi di pericolo in base alla loro pericolosità per le persone e per l’ambiente, con codici alfanumerici che ne specificano la gravità. Sull’etichetta si possono trovare indicazioni di pericolo (H) e di prudenza (P) A ogni indicazione di pericolo H corrisponde un codice alfanumerico composto dalla lettera H seguita da 3 numeri, il primo numero indica il tipo di pericolo: ➢ H2 = pericoli chimico-fisici ➢ H3 = pericoli per la salute ➢ H4 = pericoli per l’ambiente Le indicazioni di pericolo derivanti dalla normativa attuale, ma non comprese nel GHS, sono identificate dal codice EUH. A ogni consiglio di prudenza P corrisponde un codice alfanumerico composto dalla lettera P seguita da 3 numeri, il primo numero indica il tipo di consiglio: ➢ P1 = carattere generale ➢ P2 = prevenzione ➢ P3 = reazione ➢ P4 = conservazione ➢ P5 = smaltimento Con la nuova normativa armonizzata diventa obbligatorio riportare in etichetta le modalità di smaltimento del prodotto e dell’imballaggio (P5). La prova delle sostanze attive viene fatta analizzando in laboratorio l’effetto acuto derivante da ingestione, contatto e inalazione della sostanza attiva, al fine di identificare la classe tossicologica del pesticida. Vengono fatte le prove di tossicità su animali da laboratorio, come topi e conigli, misurando la dose letale 50 (DL 50) e la concentrazione letale (CL 50) [9].



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