Le strade di molte città del Sud Italia sono state nuovamente attraversate da una protesta fervente: gli ex percettori del reddito di cittadinanza, i cui sussidi sono stati sospesi a seguito delle nuove direttive del governo Meloni, sono scesi in piazza per far sentire la propria voce. Le manifestazioni hanno avuto luogo questa mattina, con dimostrazioni che si sono tenute in diverse città, da Palermo a Napoli fino a Cosenza. Il clima è stato carico di tensione e di richieste concrete, espresse attraverso slogan e azioni di protesta.
A Napoli, il corteo dei manifestanti ha superato le barriere poste dalle forze dell’ordine che cercavano di ostacolare l’accesso alla rampa dell’autostrada. L’urlo “Fateci passare” si è propagato tra le circa 350 persone che hanno partecipato alla manifestazione. Non pochi hanno superato le recinzioni per far valere il proprio diritto all’espressione pacifica, mentre la polizia è intervenuta per evitare un confronto diretto sulla rampa. Nonostante il calore del momento, la situazione è stata mantenuta sotto controllo.
A Palermo, una cinquantina di disoccupati ha marciato da piazza Vittorio Veneto fino all’assessorato regionale al Lavoro, urlando slogan e rivolgendo critiche al governo Meloni. L’atteggiamento di protesta è stato accompagnato da espressioni di indignazione e frustrazione. I manifestanti hanno denunciato la sospensione del reddito di cittadinanza, raccontando le sfide che ora devono affrontare. Le loro richieste sono chiare: un’azione concreta per garantire loro un lavoro dignitoso e immediato.
Uno dei partecipanti alla manifestazione si è interrogato sul futuro: “Dove andremo e cosa faremo?”. Le sue parole sono state cariche di emozione: “Piango perché sono arrabbiato con me stesso. A 51 anni, devo vendere oggetti a due o tre euro. È questa la vita che devo condurre?”. L’amaro sguardo sui cambiamenti che la loro situazione ha subito, lascia emergere la frustrazione e la preoccupazione di coloro che si sentono abbandonati.
Toni Guardino, membro dell’associazione ‘Basta volerlo’, ha espresso la sua visione critica sulle comunicazioni inviate ai percettori riguardo alla revoca del reddito. Questi messaggi rappresentano “un segnale di morte”, afferma Guardino. Egli sottolinea l’abbandono in cui si trovano coloro che ora non possono permettersi nemmeno l’affitto di una casa e che rischiano di trovarsi senza risorse per necessità essenziali come il cibo. La richiesta centrale è quella di garantire l’opportunità di un lavoro immediato, affinché queste persone possano uscire da questa difficile situazione.
Coloro che non potranno più beneficiare del reddito di cittadinanza e non avranno accesso ai servizi sociali, avranno comunque la possibilità di richiedere il Supporto per la Formazione e il Lavoro (Sfl). Se soddisfano i requisiti, potranno intraprendere un percorso di inserimento lavorativo, ricevendo un contributo mensile di 350 euro per un periodo di 12 mesi.
L’Inps ha comunicato che complessivamente, le famiglie coinvolte nello stop al reddito di cittadinanza saranno 229.080, a partire da fine luglio e fino alla fine dell’anno. Mentre i numeri indicano un’ampia scala, è importante notare che molti di loro sono stati già presi in carico dai servizi sociali, dimostrando l’importanza del supporto comunitario in un momento di incertezza economica.
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