Le testimonianze degli amici smascherano la verità
Emergono nuovi dettagli sulla tragica vicenda che ha coinvolto il gruppo di youtuber “The Borderline” e la morte del piccolo Manuel, causata dall’incidente con una Smart a bordo della quale viaggiavano Elena Uccello e i suoi due figli. Mentre l’indagine passa ai carabinieri, le testimonianze di chi conosce bene il gruppo svelano una realtà diversa dalle sfide apparenti: tutto finto, orchestrato per ottenere contatti, visualizzazioni e “like” sui social media.
Un meccanismo ingannevole
Il meccanismo era semplice ma ingannevole: la lussuosa Lamborghini Urus era stata noleggiata solo il giorno prima dell’incidente. I “followers” del gruppo erano stati convinti che la crew avrebbe trascorso oltre due giorni a bordo dell’auto, ma in realtà giravano video da caricare successivamente a intervalli regolari. Questa strategia ingannevole era stata utilizzata anche in passato per altre sfide, manipolando i seguaci dei social media e facendo loro credere a qualcosa di falso. In sostanza, si trattava di una truffa, ma questa volta la tragedia si è consumata con la morte di un bambino.
Indagini in corso e sequestro dei cellulari
I cellulari dei cinque ragazzi coinvolti nell’incidente sono stati sequestrati e le indagini si concentreranno sull’eventuale registrazione di un video al momento dell’impatto, che potrebbe aver distratto l’attenzione del guidatore. Saranno effettuate anche perizie sui due veicoli coinvolti, la Lamborghini e la Smart, per determinare con certezza la velocità dei mezzi. Sin dalle prime fasi dei rilievi, i vigili urbani hanno rilevato che la Lamborghini viaggiava a una velocità molto superiore a quella consentita, confermando le testimonianze sul comportamento spericolato degli youtuber.
L’incidente e le perquisizioni
Nonostante la ricostruzione avanzata dall’avvocato di Matteo Di Pietro, secondo la quale la Smart avrebbe girato a sinistra sul rettilineo, la Lamborghini non è stata in grado di evitarla, molto probabilmente a causa dell’elevata velocità. Le prime perquisizioni sono già iniziate, incluso il controllo della casa di Di Pietro. Attualmente, il giovane di 20 anni, indagato per omicidio stradale, è libero di spostarsi pur essendo in possesso del passaporto.
Esami tossicologici e il coinvolgimento dei cannabinoidi
Gli esami tossicologici condotti dopo l’incidente hanno rivelato la presenza di cannabinoidi nel sistema di Matteo Di Pietro, sebbene i livelli fossero al di sotto della soglia. Questo indica che il ragazzo aveva consumato hashish o marijuana nei giorni precedenti lo schianto. Va sottolineato che Di Pietro era già stato segnalato alle autorità come consumatore, dopo un controllo dei carabinieri nel marzo 2021.
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