Giorgio Panariello, il comico italiano più amato di sempre, è nato il 24 settembre 1973 a Roma. È conosciuto dalla maggior parte degli italiani come uno dei fumetti più importanti del nostro Paese. Lo abbiamo visto recitare in diversi spettacoli, spot pubblicitari e anche film. La sua comicità e simpatia hanno conquistato il cuore di milioni di italiani.
Chi è Giorgio Panariello, il noto comico tanto amato dagli italiani
Panariello è nato il 30 settembre 1960 a Firenze. Oggi ha 60 anni e ha raccontato di aver avuto un’infanzia molto difficile. È stato abbandonato dalla madre quando era ancora un bambino ed è cresciuto praticamente senza genitori. I nonni di Panariello lo hanno accudito e curato fino alla loro morte. L’attore non ha mai conosciuto suo padre; sembra che quest’ultimo non sapesse nemmeno della sua nascita. All’età di 12 anni, Panariello ha saputo di avere un fratello; tuttavia, a causa di una dipendenza da eroina, non hanno avuto molto tempo per parlare insieme prima che quest’ultimo morisse.
Carriera
Tuttavia, dopo un’infanzia difficile e tumultuosa, Giorgio Panariello è riuscito a costruire il suo futuro ea buttarsi nel mondo dello spettacolo. Grazie alle sue abili qualità di attore, comico e imitatore italiano, in poco tempo è riuscito a conquistare milioni di italiani. Ha fatto la sua prima apparizione in televisione nel 1994 con Carlo Conti, e successivamente ha condotto il Festival di Sanremo nel 2006. Qualche tempo fa è stato anche giudice della trasmissione Amici di Maria De Filippi. Ha partecipato a diversi film sempre comici ed è un grande amico di Carlo Conti ma anche di Leonardo Pieraccioni.
Vita privata
L’attore ha avuto un’importante relazione sentimentale con la ballerina Dalila Frassinato. Nonostante la loro storia fosse molto passionale, purtroppo non ha funzionato ei due si sono separati dopo molto tempo. Oggi Albertazzi è fidanzato con Claudia Maria Capellini, una modella di 26 anni più giovane di lui. Io due vivo nella capitale e non hanno figli. Giorgio racconta di aver trovato il fratello in una notte d’inverno “buttato come un uso usato, tra i cespugli davanti al mare di Viareggio”. Giorgio giura che il giorno del funerale di Franco a Montignoso: “piangevano tutti quelli che Franco aveva derubato, insultato, deluso e tradito”.
Giorgio Panariello ricorda il suo migliore amico, Franco Panariello, arrivato in cortile su un carretto dei gelati. I due bambini camminavano con gli zoccoli e le magliette a righe, sollevando polvere mentre camminavano sulla ghiaia. Per evitare che altri ricordi si depositino memoria e lucidino con superficialità un amore profondo raccontato finora, Giorgio Panariello ha scritto un libro. Lo ha fatto per togliere dalla testa della gente che Franco fosse un ex tossicodipendente travolto all’ultimo buco e per far capire la sua storia. “Non è troppo diversa da quella di tanti altri fantasmi che distrattamente osserviamo ogni giorno avvolti nei loro letti nelle nostre città”.
La morte di Franco, avvenuta nel 2011, era stata definita un’overdose, ma la vera causa del decesso è stata svelata durante un doloroso processo: la sua unica droga, quella sera, era stata l’abbandono di un uomo “per vigliaccheria” . Tre persone con cui si era ammalato era a cena con loro lo avevano scaricato da un’auto e il suo cuore, in una terra di mezzo in cui l’omissione di soccorso sconfina nell’omicidio, la scomparsa della pietà è parente stretta del pregiudizio e il passato determina il futuro, poi lo nega e infine lo cancella, aveva smesso di battito per ipotermia. Nel mettere insieme i frammenti e trasformare io sono mio fratello in un mosaico a metà tra memoir e romanzo, Panariello si è affidato al calore umano e non ha fatto sconti a se stesso: “
Ho avuto soltanto più culo di lui, ma Franco avrei potuto essere io. Nessuno dei due aveva mai saputo chi fosse nostro padre e mia madre, che ci aveva messi al mondo troppo in fretta, non era stata in grado di assolvere alla sua funzione. Io, nato un anno prima di lui, venni affidato ai nonni. Lui finì presto in collegio senza incontrare affetto e attenzioni. A Franco, nella vita, è mancato soprattutto l’amore». Chi era Franco Panariello? «Un ragazzo selvaggio. Un poeta. Uno spirito ribelle. Una persona buona. Un ossimoro vivente. Una contraddizione. Un bugiardo patologico e al tempo stesso un uomo di parola. Un generoso. Uno che se ti rubava ventimila lire dal portafogli, quindici, stia pur certo, le spendeva per offrirti da bere. Uno che l’amore di cui le parlavo lo cercava ossessivamente: nelle ragazze, nel calcio e negli amici.
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