Con l’inizio del nuovo anno, sembra essere aumentata anche la quota di pensione impignorabile. L’Inps sembra che abbia aggiornato al rialzo l’importo dell’assegno sociale e quindi ha aumentato la base per poter stabilire i limiti di pignoramento delle pensioni e nel contempo ha aumento anche il minimo vitale. Cosa significa? Sostanzialmente, in base a questa misura tutti i pensionati che hanno dei debiti da pagare, potranno contare su una garanzia ovvero che parte della loro pensione non potrà essere intaccata e questa parte sarà ancora più alta rispetto allo scorso anno. Cos’è, quindi, il minimo vitale? La legge prevede come coloro che percepiscono la pensione ma hanno contratto dei debiti, possono contare sul minimo vitale ovvero la soglia minima sotto la quale la pensione non può scendere nonostante il pignoramento da parte dell’INPS.
Il minimo vitale varrà anche per qualsiasi tipo di trattamento previdenziale a prescindere da quello che è l’entità dell’importo. In questo modo, quindi si vuole soltanto garantire al pensionato una somma che sia in grado di poter garantire la sopravvivenza di chi si trova all’interno di una situazione debitoria. “Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescienza, non possono essere pignoate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti”, è questo quanto si legge nel codice di procedura civile. Il pignoramento potrà riguardare soltanto al massimo un quinto della pensione.
L’assegno sociale per il 2019 sarà pari a 457, 99 mensili, contro i 453 euro nel 2018 per tutto il 2019, quindi la soglia del minimo vitale impignorabile della pensione ammonterà a 286,98 euro e soltanto la somma eccedente questa cifra, potrà essere poi pignorabile. Va anche detto che nel caso in cui ci siano debiti con il fisco, il pignoramento potrà riguardare soltanto un decimo della quota eccedente il minimo vitale, qualora la pensione non superi i €2500. Potrà riguardare soltanto un settimo della pensione qualora questa risulti compresa tra i 2000 ed i €5000 ed un quinto qualora la pensione non superi i €5000.
Si tratta di una misura molto importante per coloro quindi che hanno contratto dei debiti e che percepiscono una pensione di importo minimo. Questi pensionati grazie quindi al minimo vitale potranno contare su una sorta di garanzia che darà modo loro di poter contare su buona parte della loro pensione, senza che questa venga decimata per via del pagamento dei debiti.
Ecco dove vivere bene con una pensioncina
EUROPA SEMPRE PIÙ ANZIANA Se è vero che l’invecchiamento demografico dell’Europa viene letto con preoccupazione dai nostri governanti (meno gente che lavora, meno ricchezza prodotta, più gente da mantenere), il giro d’affari che i pensionati riescono a muovere è impressionante: a livello continentale si stima in oltre 400 miliardi di euro l’anno. Tanto da giustificare politiche fiscali mirate proprio ad attrarre i percettori di reddito previdenziale. Già oggi oltre 415mila pensionati vivono all’estero “esportando” oltre 1 miliardo di euro l’anno.
L’Inps da tempo ha lanciato l’allarme: questi 400mila, per la maggior parte,hanno pochi contributi (il 70% ha una contribuzione in Italia inferiore ai 6 anni, l’80% ha una contribuzione inferiore a 10 anni), e incassa nome diamente pensioni basse (245 euro/mese). Comunque l’Italia arriva in ritardo. Sottovalutando le potenzialità di questo “business”, che raggiungerà i 15 mila miliardi di dollari entro il 2020 (fonte Oxford Economics). E’ pur vero che il primo esperimento per intercettare i pensionati è abbastanza modesto: nella legge di Bilancio 2019 è prevista un’ imposta del 7%sui redditi di fonte “estera” di qualunque categoria, per 5 anni, riservata a chi è stato residente fuori dall’Italia per più di 5 anni e trasferisce la sua residenza in uno dei Comuni del sud con meno di 20mila abitanti.
ITALIA IN RITARDO Incentivo minimo considerando che alcuni Paesi -come il Portogallo – concedono per 10 anni l’esenzione totale fiscale a chi si trasferisce (non solo ai pensionati, anche ai lavoratori con reddito originato fuori dal Paese). Se “vista oceano” si vive bene (almeno 183 giorni l’anno fuori dall’Italia, per ottenere la residenza ed evitare la tassazione italiana), non c’è da sottovalutare il minor costo della vita.
Uno studio pubblicato dal supplemento Plus (Il Sole 24 Ore) e realizzato dallo studio fiscale Pirola, Pennuto, Zei, sottolinea che bisogna fare attenzione per non incorrere in contestazioni da parte dell’Agenzia dell’Entrate. Bisogna effettivamente abbandonare la residenza fiscale italiana visto che vengono svolti controlli. E poi tenere un “diario” delle permanenze all’estero, così da poter ribattere. Insomma, il fisco italiano ti viene a cercare anche se sei “fuggito” via. Dal 2019 c’è il rischio concreto che aumentino Imu e Tasi con beni immobili ma residenti all’estero. Infatti è stato concesso ai Comuni e alle Regioni di aumentare tributi locali e le addizionali. Un motivo in più per scappare.
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