Potrebbe essere oggi la giornata decisiva per il «reddito di cittadinanza» e «quota 100». «Finalmente diventeranno leggi» ha annunciato ieri sera il premier Giuseppe Conte con un post su Face book, confermando per oggi pomeriggio il Consiglio dei ministri che approverà 0 «decretone» che darà il via alle due misure più care agli alleati di governo. «Un Consiglio importantissimo — ha scritto Conte —, approveremo i due provvedimenti chiave di questo governo, misure che molti italiani aspettano da tempo».
Ma fino alla tarda sera di ieri c’è stato il rischio di un nuovo slittamento anche perché i testi definitivi delle due misure non erano ancora arrivati alla Ragioneria generale dello Stato.
E su alcuni punti raccordo tra gli alleati ancora non c’è del tutto. Ecco perché il Cdm di oggi sarà anticipato da un vertice politico tra il premier e i suoi vice, Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Le coperture restano il nodo da sciogliere. «Ci sono alcune esigenze di calcolo» ha detto il sotto segretario alla presidenza del Consiglio Stefano Buffagni: «Più sulla parte pensioni che non sul reddito di cittadinanza». Perché il problema, spiega ancora, è «la quantificazione», cioè «in base alle perso ne che possono accedere, si declina la platea con richieste economiche differenti». Ma comunque, sottolinea Buffagni, «sui decreto non ci sono manine e stiamo lavorando con collaborazione e un po’ di frenesia».
Al termine di un vertice notturno con i 5 Stelle, il vicepremier Di Maio ha detto: «Non ci sono sorprese, Il sito per il reddito di cittadinanza parte a marzo e da fine aprile lo eroghiamo».
Salvini, da parte sua, assicura che «i soldi ci sono», e aggiunge: «Lasciamo che i tecni ci facciano il loro mestiere su provvedimenti che riguarda no milioni di italiani: ecco perché abbiamo chiesto loro che i conti siano perfetti sino all’ultima virgola».
Il fondo dei disabili è ancora ima delle questioni da risolvere, con la Lega che chiede di ampliare la platea cui assegnare il reddito e Di Maio che «offre» una copertura a circa 260 mila famiglie con invalidi civili, almeno il 67%.
Ma per l’alleato leghista non sarebbe ancora sufficiente. E le modifiche potrebbero arrivare di rettamente durante l’esame del Parlamento. Ecco perché la deputata di Forza Italia Mara Carfagna attacca: «Operazione disgustosa, la maggioranza scarica i suoi contrasti sui disabili, cittadini inconsapevoli».
Riunione fiume al ministero dell’Economia, ieri, per tentare di chiudere il testo del decreto legge sul «reddito di cittadinanza» e «quota 100» così da poterlo sottoporre stasera o al massimo domani al l’approvazione del consiglio dei ministri. Ed evitare cosi un altro slittamento che metterebbe a rischio la partenza dell’operazione nei tempi pre visti (cioè da aprile) su entrambi i fronti, quello del sussidio ai poveri e quello delle pensioni per chi ha almeno 62 anni d’età e 38 di contributi.
Fino a tarda sera, a via XX settembre, sede del ministero, i sottosegretari Laura Castelli (M5S), Massimo Garava glia (Lega) e Claudio Durigon (Lega, sottosegretario al Lavoro), insieme con il Ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco, hanno limato il testo del decreto legge e della relazione tecnica che lo accompagnerà, senza i quali la Ragioneria non può procedere alla “bobinatura” cioè al via libera finanziario, quello che certifica la copertura delle spese previste. I testi, secondo Durigon, saranno pronti per questa mattina, per il vertice politico che dovrebbe svolgersi a Palazzo Chigi con la partecipazione dei vicepremier Di Maio e Salvini.
Non tutte le questioni sono state risolte. Quella dell’ampliamento della platea delle pensioni di cittadinanza a beneficio dei disabili che attuai mente prendono 285 curo al mese dovrebbe essere rinvia ta ad emendamenti da presentare prima che il decreto sia convertito in legge dal Parlamento. Basterà al capo della Lega, Matteo Salvini, che su questo punto alcuni giorni fa ha rimesso in discussione le bozze del decreto?
Molto lavoro ha richiesto anche la messa a punto della platea interessata a «quota 100», per essere sicuri che lo stanziamento di 3,9 miliardi
per quest’anno sia sufficiente. Sulle pensioni, infatti, non c’è una clausola di salvaguardia come sul reddito di cittadinanza, dove in caso di eccesso dì domande accolte rispetto alle previsioni, il governo provvederà a rimodulare al ribasso l’importo massimo del sussidio (ora stabilito in 780 euro per un single). Sulle pensioni è diverso. Trattan dosi dì un diritto soggettivo, una volta maturata, la pensione va messa in pagamento secondo l’importo dovuto.
Sul fronte pensioni, oltre a parlare del decreto tanto atteso, che conterrà misure quali Quota 100 e reddito di cittadinanza, proroga Ape Social e Opzione donna, si parla anche di quota 41.Si tratterebbe queste di una misura che sembrava essere stata dimenticata anche per un problema di risorse e che invece dovrebbe arrivare tra massimo 3 anni molto probabilmente in sostituzione di quota 100. I danni certi danno ufficiale Quota 100 così come ufficiale la proroga di Opzione donna, tanto a quelle che sono le ultime indiscrezioni. Quota 41 è stata più volte ed è finita la misura che andrà a sostituire tra 3 anni Quota 100 e sarà una misura valida per tutti e rappresenta il vero e proprio obiettivo finale del governo sul fronte previdenziale.
Pensione con quota 100 (62 anni di età e 38 di contributi)
Destinatari: Iscritti all’assicurazione generale obbligatoria e alle forme esclusive e sostitutive delle medesime, gestite dall’lnps, nonché alla gestione separata. Per i lavoratori privati è prevista una finestra trimestrale mobile di 3 mesi prima della decorrenza dell’assegno. Per chi ha maturato i requisiti entro il 2018 la finestra si aprirà comunque il i° aprile del 2019. Per i dipendenti pubblici il termine per il raggiungimento dei requisiti è fissato al 31 dicembre 2018 e le pensioni si avranno a partire da luglio (finestra di 6 mesi). Per chi matura i requisiti dal i° gennaio 2019 la finestra mobile semestrale decorrerà a partire dalla maturazione dei requisiti La misura è sperimentale per il triennio 2019-2021 e nel primo anno il Governo si aspetta poco più di 30omila domande.
Pro – Anticipo fino a 5 anni rispetto alla pensione di vecchiaia
Contro – Assegno più basso a causa dei minori contributi versati e incumulabilità con altri redditi fino a 67 anni (ammesso fino a 5mila euro peri redditi occasionali)
Opzione Donna (35 anni di contributi)
Destinatari: lavoratrici che entro il 31 dicembre 2018 hanno maturato almeno 35 anni di contributi e 58 anni di età per le dipendenti (59 per le autonome). L’assegno viene ricalcolato interamente con il metodo contributivo e decorrenza posticipata di 12 mesi
(18 per le autonome e le miste)
Pro – Anticipo fino a 9 anni rispetto alla pensione di vecchiaia
Contro – Rischio taglio dell’assegno fino al 40% per chi ha maturato contributi calcolati con il metodo retributivo e misto.
Lavori Usuranti (61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi)
Destinatari: sono circa 6mila i lavoratori potenziali beneficiari ogni anno della pensione anticipata per lavoro usurante. Si tratta di persone che hanno svolto una o più delle attività usuranti (tratte da un apposito elenco, come i lavori nelle cave, quelli ad alta temperatura, quelli notturni) per un tempo pari ad almeno la metà della vita lavorativa (o sette anni negli ultimi dieci).
Pro – Nessun costo, nessuna finestra, sospeso l’adeguamento di vita fino al 2026
Contro – Assegno più basso a causa dei minori contributi versati rispetto al raggiungimento dei 67 anni
Isopensione (7 anni di distanza massima dalla pensione di vecchiaia o anticipata)
Destinatari: lavoratori di aziende con più di 15 dipendenti. L’isopensione è il trattamento a cui accede il lavoratore che sottoscrive un accordo di esodo con prepensionamento a carico dell’azienda. Dal momento in cui smette di lavorare fino alla pensione, percepisce un importo mensile pagato dall’ex datore di lavoro. La possibilità di anticipare 7 anni rispetto alla vecchiaia è prevista fino al 2020, dopo si potranno anticipare 4 anni
Pro – Costi a carico del datore di lavoro. Il dipendente maturerà la pensione piena
Contro – Procedura complessa e molto onerosa per le aziende
Ape Volontario (63 anni di età e 20 anni di contributi)
Destinatari: lavoratori privati. Per poter fare domanda non devono mancare più di tre anni e sette mesi all’età della pensione di vecchiaia. Il lavoratore potrà così ricevere un assegno ponte per un massimo di 43 mesi prima della pensione di vecchiaia, alimentato con un prestito che sarà poi restituito con rate ventennali trattenute sulla futura pensione di vecchiaia.
Pro – Possibilità di uscita dal lavoro fino a 3 anni e 7 mesi prima rispetto alla vecchiaia
Contro – Costo a carico del lavoratore (con credito d’imposta che dimezzai costi finanziari e assicurativi)
Ape Sociale (63 anni di età e 30/36 anni di contributi)
Destinatari: disoccupati che hanno concluso l’indennità di disoccupazione da almeno 3 mesi con 30 anni di contributi; lavoratori che assistono familiari conviventi di i° o 2° grado con disabilità grave da almeno 6 mesi con 30 anni di contributi; lavoratori
con invalidità superiore o uguale al 74% con 30 anni di contributi; dipendenti che svolgono un lavoro pesante (e lo hanno svolto per almeno 6 anni negli ultimi 7) con 36 anni di contributi. Le lavoratrici madri possono beneficiare
di un anno di sconto dei requisiti contributivi per ogni figlio fino al massimo di 2 anni
Pro – Nessun costo, il prestito ponte è a carico dello Stato
Contro – L’assegno max è di 1.500 lordi mensili per 12 mesi e non conviene a chi ha almeno 38 anni di contributi che con un anno di età in meno può accedere a quota 100
Lavoratori Precoci (41 anni di contributi)
Destinatari: lavoratori che hanno versato almeno un anno di contributi da lavoro effettivo prima dei 19 anni di età e svolgono attività particolarmente faticose (Dm
lavoro 5.2.2018 o Dlgs 67/ 2011), oppure sono care givers, invalidi civili almeno al 74% o disoccupati che abbiano esaurito la Naspi e passato un ulteriore trimestre di inoccupazione. L’assegno è calcolato con il sistema misto o retributivo ed è erogato dopo tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti
Pro – Anticipo fino a 8 anni rispetto alla pensione di vecchiaia
Contro- Incumulabilità reddituale fino al raggiungimento dei requisiti ordinari
Dubbi sulla platea, problemi sui conti e una voragine sulle coperture. L’estensione – in fretta e furia – del reddito di cittadinanza anche agli invalidi non solo ha scosso la traballante alleanza tra Lega e 5 Stelle, ma sembra aver messo a rischio i conti delle due misure cardine del governo: quota 100 e reddito di cittadinanza. Se è vero che il leader grillino, Luigi Di Maio, stimava i potenziali beneficiari in 254.146 nuclei familiari, facendo un po’ di conti è saltato fuori che le limitazioni di reddito edi tasso di invalidità sarebbero altissime. E considerando che – secondo il censimento Istat – al 31 dicembre 2017 gli invalidi sono 1,072 milioni, appare evidente che dal reddito resteranno fuori oltre 800mila persone.
SCHERZO D’APRILE? Secondo le prime bozze in circolazione il governo dovrebbe garantire dal 1 aprile 2019 l’assegno di cittadinanza a chi può certificare una invalidità superiore al 67%. E poi bisogna pure dimostrare – tramite certificazione Inps -di avere un reddito Isee di 9.360 euro l’anno. Come se non bastasse lo stanziamento di 400 milioni di euro – racimolato in fretta e furia la scorsa settimana per evitare la crisi di maggioranza ventilata da Matteo Salvini da Varsavia – rischia di lasciare fuori anche i minori di 18 anni al quale l’Inps ha riconosciuto un assegno di frequenza (appena 286 euro). Considerando che – secondo il ministero dell’Istruzione – nell’anno scolastico 2017/2018 i bambini e ragazzi che frequentano le scuole dell’obbligo, con una disabilità riconosciuta, sono oltre 250mila, appare evidente chela nuova indennità non verrà riconosciuta. Cittadini italiani, seppure minorenni che non possono percepire ovviamente una pensione. Con il passare dei giorni lo stanziamento rintracciato per coprire la dimenticanza (400 milioni), appare sempre più esiguo. Considerando che con una parte di questi soldi serviranno pure per assumere i previsti 4mila nuovi navigator. E quindi la torta si ridurrà ancora. Di Maio aveva garantito che le mamme con bambini avrebbero «potuto restare a casa per seguirli». Garantendo un assegno di 1300 euro al mese. Così probabilmente non sarà. Il reddito di cittadinanza non è ancora partito che già si è impantanato nei numeri. Ieri per tutta la giornata si sono rincorse le voci che ipotizzavano uno slittamento a venerdì. Addirittura alla prossima settimana. Tanto che a tarda sera Palazzo Chigi ha dovuto confermare il Cdm per il varo di reddito e quota 100.
Evidentemente Di Maio e Salvini hanno trovato un accordo con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Per questa mattina è previsto un vertice di maggioranza. Ieri Conte, in un post su Facebook, di ritorno dalla missione Niger e Ciad. ha assicurato che oggi lo aspettano «tanti impegni». «Innanzitutto avremo un Consiglio dei ministri importantissimo. Approveremo il decreto che contiene i due provvedimenti chiave di questo governo: il reddito di cittadinanza e quota 100, misure che molti italiani aspettano da tempo e che finalmente diventeranno leggi dello Stato ».
EVENTO 5 STELLE Per celebrare il successo grillino del reddito i 5 stelle avevano organizzato un evento pubblico (forse all’Auditorium di Roma), convegno che fino a ieri sera veniva smentito da esponenti dei 5 stelle. Insomma, oggi verrebbe approvato il testo circolato nei giorni scorsi (vale a dire le 254.246 famiglie con invalidi civili, con una tasso pari al 67%). Salvini ha già minacciato «di non votare il reddito di cittadinanza senza le risorse adeguate». Altra grana il pagamento differito del Trattamento di fine servizio (il Tfr del pubblico impiego). Il governo vorrebbe dilazionare questi pagamenti in 24 mesi. Ma per evitare la sommossa popolare del popolo dei travet prossimi al pensionamento ha ipotizzato che il sistema bancario possa anticipare la liquidazione. Un accordo però ancora non c’è. Il problema è che le banche vogliono avere garanzie su chi pagherà gli interessi sui prestiti: l’esecutivo ipotizza una compartecipazione dei lavoratori. I sindacati non ci pensano minimamente. E poi bisogna vedere che quota del Tfs verrà concessa. Il ministro Giulia Buongiorno ipotizza – per i circa 140mila lavoratori interessati al pensionamento con quota 100 – di «stipulare convenzioni con tassi agevolati con le banche».
Solo Luigi Di Maio pensa che ci sarà il boom economico. Dovrebbe forse chiedere al suo ministro dell’Economia come stanno realmente le cose. Se da un lato è vero che siamo in stagnazione e non ancora in recessione, è anche vero che la recessione arriverà prestissimo. Ma in questa curiosa diatriba con chi sta il premier Conte? Dalla parte dell’euforia di chi ha già abolito anche la povertà o dalla parte della ragione? Per una volta i vasi di coccio che lo stringono non sono i vicepremier ma due visioni opposte dell’economia. L’una surreale, quella di Di Maio, l’altra argomentata, quella di Tria. Matteo Salvini, come troppo spesso ormai sui temi che riguardano le tasche degli italiani, non pervenuto.
Il ministro dell’economia prova a difendere l’indifendibile per non sfigurare rispetto al fantasioso Di Maio, ma la sua natura di avveduto professore proprio non lo tradisce. Da qui i retroscena secondo cui Tria avrebbe pronto un piano per il rilancio dell’Italia (Repubblica del 12 gennaio) e una proposta di riforma delle regole europee e della Banca centrale europea (Corriere della Sera del 15 gennaio). Il primo piano punterebbe sugli investimenti e sulla riduzione delle tasse, anche alla luce delle riforme fatte da Donald Trump negli Stati Uniti che hanno portato in pochi mesi al tasso di disoccupazione più basso della storia e ad un aumento dei salari dei lavoratori. Il secondo punterebbe a portare gli investimenti fuori dal calcolo del rapporto deficit/Pil su cui veniamo continuamente bacchettati dall’Europa. Non torna solo una cosa: il tempismo per cui queste idee sacrosante vengono fuori solo dopo l’approvazione della Legge bilancio, che sarebbe stata l’occasione perfetta per metterle in atto ridando potere d’acquisto alle famiglie, liquidità alle imprese per investire ed assumere, tanto più in un momento in cui cominciano a venire meno gli stimoli del Quantitative easing di Mario Draghi.
L’occasione per riportare al centro l’economia reale e la politica economica del governo, eletto dai cittadini, rispetto alla politica monetaria della Banca centrale europea, non eletta da nessuno. Musica per le orecchie di Di Maio e Salvini, che invece si sono impuntati su misure dannose come il reddito di cittadinanza e quota cento. Controproducenti anche per la loro sete di consensi. Il 31 gennaio l’Istat pubblicherà i dati sull’ultimo trimestre del 2018 e se sarà negativo siamo tecnicamente spacciati. Ma mentre finora i dati poco entusiasmanti sono derivati soprattutto dal rallentamento dell’economia globale e dall’irrigidimento della politica monetaria della Bce, quindi da fattori indipendenti dal governo, nei prossimi mesi cominceremo invece a vedere gli effetti nefasti della Legge di bilancio e non ci saranno più dubbi: ilMovimento 5 Stelle avrà raggiunto il suo obiettivo di portare in Italia la decrescita piuttosto che lo sviluppo.
MARCIA INDIETRO I dati già noti della produzione industriale (-2,6% su base annua) e degli ordinativi dell’industria (-2%), che normalmente anticipano l’andamento del Pil, non lasciano ombra di dubbio. Fra un anno, quando il buco di bilancio sarà ben più grande di quanto immaginato, saranno problemi. La procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per adesso è sospesa, ma non è detto che non venga aperta in futuro e che per far fronte alle emergenze non si rendano necessari un aumento delle tasse o una patrimoniale sui beni mobili e immobili di tutti noi. L’esatto contrario di quanto auspica il ministro dell’Economia Tria e delle vittorie gridate ai quattro venti del vicepremier Di Maio.Dovrà fare clamorosamente marcia indietro anche su questo.
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