Parrucca color argento, stola sulle spalle e “cicchetto” quasi perennemente in mano. Ornella Vanoni veste così i panni di una nonna ubriacona e spilorcia nel film Sette donne e un mistero.
La pellicola è un adattamento firmato Alessandro Genovesi della commedia musicale di Francois Ozon del 2002 8femmes (da noi Sette donne e un mistero) con interpreti Catherine Deneuve, Fanny Ardant e Isabelle Huppert.
Il regista alterna giallo e commedia, toglie dimensione cupa del film originale, adattamento della pièce teatrale di Robert Thomas, sposta l’ambientazione dagli anni Cinquanta agli anni Trenta, non fa cantare le attrici ed elimina una protagonista. Siamo ovviamente andati al i cinema prima del nostro incontro con il mito della canzone italiana i e possiamo con certezza affermare che il suo è il personaggio più divertente del film.
Nella vita o davanti ad una macchina da presa, la cantante milanese gioca, come sa fare solo lei, con l’autoironia. La sua Rachele è la nonna di Susanna e Caterina, ha una certa età, si muove con una sedia a rotelle, ma le gambe le funzionano, eccome.
Se ne infischia della morte: non può infatti rinunciare ad almeno un bicchiere di Negroni al giorno e, non a caso, l’angolo preferito della casa è proprio quello dei super alcolici. E adorata dalle nipoti, meno dalle figlie. Le sue battute arrivano al momento e con l’effetto giusto: fanno ridere, riflettere e stemperano la tensione quando i membri della famiglia si azzuffano.
Ornella Vanoni sembra essere tra l’altro una comica nata, ma forse lo sapevamo già. Perché, ha spiegato lei stessa: «ritengo che invecchiare sia bello soltanto se tiri fuori quel lato che hai sempre tenuto nascosto, che è quello infantile, ossia quello che ti fa ridere e sorregge. Sa, è come se avessi una bolla piena di risate, che esce così, come la voce di Orietta Berti. Uno zampillo».
Sognava di diventare cantante o attrice da grande? «Ma no, da ragazzina ad un certo punto volevo fare l’estetista per curare l’acne alle ragazze, perché io stessa ne soffrivo e in quegli anni non si sapeva granché a riguardo, né c’erano le cure di adesso.
Poi però mi dicevano che avevo una bella voce e una persona della mia famiglia mi ha indirizzato all’Accademia d’Arte Drammatica del Piccolo Teatro di Milano». In famiglia k quindi l’hanno presa bene? Erano contenti di avere una figlia artista? «I miei genitori in realtà non capivano bene cosa avrei fatto e io stessa non pensavo mai di fare un mestiere dove mi sarei esposta perché la mia timidezza era molto “grave”.
La mia famiglia veniva da Sondrio, mio nonno aveva fatto i soldi come costruttore uno dei primi di Milano, e mio padre li ha persi tutti come succede nelle diverse generazioni. Mia madre faceva la Signora e giocava a canasta come tutte le Signore di Milano. Insomma loro non erano cantanti, io comunque mi iscrissi alla scuola teatrale ed è andata come è andata».
Anche nella realtà è nonna di due nipoti. Che nonna è la Vanoni? «Certamente amorevole, anche se il mio rapporto con Camilla e Matteo è costantemente tenuto d’occhio da mio lidio». Con il sorriso sotto i baffi infatti amette: «Cristiano mi guarda con sospetto.
Con lui il rapporto è stato molto più complicato. Per tutti i figli delle donne di successo forse un po’ lo è». Dal 24 febbraio, dopo Sette donne e un mistero sarà possibile apprezzarla nel suo nuovo film Senza fine come la canzone che uno dei suoi grandi amori, Gino Paoli, le dedicò.
«Sì, il film racconta di me, della mia vita, una Vanoni intima, attraverso il rapporto e le discussioni con una regista che adoro, Elisa Euksas». «Mi sono divertita molto e messa in discussione in questa nuova avventura cinematografica. Diciamo che in generale sto vivendo una vecchiaia per niente angosciante. Mi piace. Intanto sono viva. A 87 ci sono arrivata. Non credevo che esistesse questa età. Mi sono liberata da tanti tabù e paure.
Mi diverto e cerco di far divertire anche gli altri, ma vorrei in futuro recitare la parte in un film dove sono protagonista ma allo stesso momento non si parla assolutamente della Vanoni. Un ruolo del tutto lontano dalla mia esistenza. Di me, della mia vita se ne parla anche troppo.
Dei miei amori, poi , quello ad esempio con Gino Paoli, quasi in ogni intervista. Che palle!».
E si conclude così, con una grossa risata, il tempo con un “mito senza fine”. E quella che può apparire a molti semplicemente, ironia, leggerezza, ai limiti della svampi-tezza, in realtà è il sarcasmo intelligente e profondo di una donna che ha la capacità di raccontarsi, di capire ed interpretare la realtà, le persone, cogliendone vizi e virtù per poi decodificare il tutto anche in poche, divertentissime battute. Grazie Ornella, Unica, come il tuo album.
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